“La capacità di compassione” è “la pietra di paragone del cristiano, anzi dell’insegnamento di Gesù”. Lo ha ribadito il Papa all’Angelus di domenica 14 luglio, commentando il vangelo domenicale, precisando che Dio “è misericordioso perché ha compassione”, è capace “di avvicinarsi al nostro dolore, al nostro peccato, ai nostri vizi, alle nostre miserie”. L’invito di Francesco è forte: “se tu davanti ad una persona bisognosa non senti compassione, se il tuo cuore non si commuove, vuol dire che qualcosa non va. Stai attento, stiamo attenti. Non ci lasciamo trascinare dall’insensibilità egoistica.” Le pagine del Vangelo sono un vero “tesoro”, un “modello di come deve agire un cristiano”.
Gesù scegliendo “un samaritano come personaggio positivo della parabola (…) vuole superare il pregiudizio, mostrando che anche uno straniero, anche uno che non conosce il vero Dio e non frequenta il suo tempio, è capace di comportarsi secondo la sua volontà, provando compassione per il fratello bisognoso e soccorrendolo con tutti i mezzi a sua disposizione.” Il Signore “ci fa capire che non siamo noi che, in base ai nostri criteri, definiamo chi è il prossimo e chi non lo è, ma è la persona in situazione di bisogno che deve poter riconoscere chi è il suo prossimo, cioè chi ha avuto compassione di lui”. Questa diventa la pietra di paragone del cristiano, anzi dell’insegnamento di Gesù: “se tu vai per la strada e vedi un senzatetto sdraiato lì e passi senza guardarlo” o pensi sia ubriaco, “domandati se il tuo cuore non si è irrigidito, se il tuo cuore non è diventato ghiaccio. Questa conclusione indica che la misericordia nei confronti di una vita umana in stato di necessità è il vero volto dell’amore. È così che si diventa veri discepoli di Gesù e si manifesta il volto del Padre”.
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