Anche se i grandi media tacciono, la situazione in Repubblica Centrafricana continua ad essere grave, con continui scontri tra le parti, con tante vittime innocenti.
Giovedì 15 novembre è stato incendiato il campo di sfollati e saccheggiati l’episcopio e la cattedrale di Alindao. Ancora una volta è la popolazione indifesa a pagare il prezzo più alto: almeno 42 i morti, anche se il bilancio sembrerebbe di gran lunga peggiore. Come riferisce Vatican news, decine di ribelli dell’Upc di Ali Daras hanno sferrato un sanguinoso attacco armato. Stando a due agenzie locali, l’attacco è stata la risposta dei ribelli dell’Unité pour la Paix en Centrafrique (Upc) all’assassinio di un musulmano per mano degli anti-balaka.
Dopo l’attacco, l’arrivo delle forze Onu a presidiare la zona. Tuttavia, non c’è nulla di confermato ma secondo quanto emerge dalle piattaforme social, i caschi blu – che hanno il compito di difendere e proteggere il sito di sfollati e l’area circostante – non sarebbero intervenuti per fermare l’attacco. “Tutti erano abbandonati a loro stessi – ha detto il vicario generale don Mathieu Bondobo – e i ribelli hanno avuto il tempo di fare tutto quello che hanno voluto. E l’hanno fatto. È questa la nostra rabbia, è questo che ci provoca tristezza nel cuore. Umanamente sì, siamo tristi, ma questo attacco non può essere una minaccia per impedire alla Chiesa di compiere la sua missione. Anzi, la Chiesa rimane forte. E noi, che siamo ancora in vita, continuiamo a portare avanti quest’opera”.
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