All’Angelus domenica 11 novembre il Papa ha esortato a donare noi stessi in una offerta “umile e generosa” per il Signore e gli altri. Poiché Dio sta “dalla parte degli ultimi”, diamo “al Signore e ai fratelli non qualcosa di noi, ma noi stessi”, in una offerta “umile e generosa”.
Commentando il Vangelo domenicale di Marco si è soffermato su due figure contrapposte, lo scriba (che rappresenta “le persone importanti, ricche, influenti”) e la vedova povera (che indica “gli ultimi, i poveri, i deboli”) e che, nella sua miseria, offre tutto ciò che possiede. Il giudizio “risoluto” di Gesù nei confronti degli scribi non riguarda tutta la categoria, ma è riferito a coloro che “ostentano la propria posizione sociale”, si “fregiano” del titolo di “maestro”, amano essere “riveriti” ed “occupare i primi posti”, fino “al disprezzo per coloro che contano poco o si trovano in una posizione economica svantaggiosa”, come appunto le vedove. Ora “Gesù smaschera questo meccanismo perverso: denuncia l’oppressione dei deboli fatta strumentalmente sulla base di motivazioni religiose, dicendo chiaramente che Dio sta dalla parte degli ultimi.” La povera vedova, “la cui posizione sociale era irrilevante perché priva di un marito che potesse difendere i suoi diritti”, quindi “facile preda” di creditori senza scrupoli è offerta come “un esempio vivente”. “Questa donna, che va a deporre nel tesoro del tempio soltanto due monetine, tutto quello che le restava, fa la sua offerta cercando di passare inosservata, quasi vergognandosi. Ma, proprio in questa umiltà, ella compie un atto carico di grande significato, significato religioso e spirituale.”
L’insegnamento di Gesù, aiuta a recuperare quello che è “essenziale” nella nostra vita e “favorisce una concreta e quotidiana relazione con Dio”, perché le sue bilance “sono diverse dalle nostre. Lui pesa diversamente le persone e i loro gesti: Dio non misura la quantità ma la qualità, scruta il cuore, guarda alla purezza delle intenzioni. Questo significa che il nostro ‘dare’ a Dio nella preghiera e agli altri nella carità dovrebbe sempre rifuggire dal ritualismo e dal formalismo, come pure dalla logica del calcolo, e deve essere espressione di gratuità, come ha fatto Gesù con noi: ci ha salvato gratuitamente; non ci ha fatto pagare la redenzione. Ci ha salvato gratuitamente. E noi, dobbiamo fare le cose come espressione di gratuità.”
La vedova povera e generosa è quindi indicata da Gesù come “modello di vita cristiana da imitare”.
Rimane anonima, “conosciamo però il suo cuore (la troveremo in Cielo e andremo a salutarla, sicuramente) ed è quello che conta davanti a Dio. Quando siamo tentati dal desiderio di apparire e di contabilizzare i nostri gesti di altruismo, quando siamo troppo interessati allo sguardo altrui e – permettetemi la parola – quando facciamo ‘i pavoni’, pensiamo a questa donna. Ci farà bene: ci aiuterà a spogliarci del superfluo per andare a ciò che conta veramente, e a rimanere umili.”
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