Il 18 agosto Imran Khan ha giurato come primo ministro del Pakistan, dopo aver vinto le elezioni del 25 luglio; Khan, 66 anni, è stata una leggenda del cricket: ha vinto la coppa del mondo nel 1992 e poi è entrato in politica. Negli anni, la sua popolarità è cresciuta, soprattutto tra i giovani, nonostante su di lui aleggi il sospetto di corruzione. Ricco, con fama da filantropo, Khan finanzia da anni la famosa madrasa Haqqania, scuola coranica sunnita, e nel suo programma c’è tra l’altro, la lotta alla corruzione, la creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani e un piano edilizio per i più poveri.
E’ stata l’occasione perché la Chiesa pakistana chiedesse che il nuovo governo riconosca diritti uguali per tutti. Infatti “un reale cambiamento – ha detto a Vatican news padre James Channan, coordinatore regionale della United Religious Initiative – avverrà solo se la Costituzione verrà emendata e saranno introdotte leggi a favore delle minoranze.” È questa la soluzione contro la crisi che la Chiesa propone al Pakistan, perché “non ci può essere pace senza diritti sociali. Solo stando insieme possiamo porre fine all’attuale crisi del Paese. Saremo liberi di sognare cose nuove solo quando avremo risolto gli errori del passato.”.
L’appello della Chiesa giunge anche dopo i festeggiamenti dell’indipendenza del Pakistan dalla Gran Bretagna (il 14 agosto), ottenuta nel 1947, in cui, con la divisione tra il Pakistan musulmano e l’India induista provocò milioni di morti. In tutto il Paese si sono organizzati grandi festeggiamenti: un motivo in più per ribadire, che “solo stando insieme -aggiunge padre Channan – possiamo porre fine all’attuale crisi del Paese”. Per far questo, però, è necessario superare i conflitti e introdurre leggi a favore delle minoranze.
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