Mercoledì 8 agosto, all’udienza generale, Francesco ha continuato la catechesi sul Decalogo riflettendo sull’idolatria, a partire dal passo biblico di Esodo quello del vitello d’oro, l’idolo per eccellenza. Egli ha innanzitutto colto il contesto, il deserto, luogo di precarietà e insicurezza, “immagine della vita umana, la cui condizione è incerta e non possiede garanzie inviolabili”, generando “ansie primarie” come bere e mangiare. Così “la natura umana, per sfuggire alla precarietà, la precarietà del deserto, cerca una religione ‘fai-da-te’: se Dio non si fa vedere, ci facciamo un dio su misura.” Il successo, il potere ed il denaro sono “i grandi idoli, (…) le tentazioni di sempre! Ecco che cos’è il vitello d’oro: il simbolo di tutti i desideri che danno l’illusione della libertà e invece schiavizzano, perché l’idolo sempre schiavizza.” Per questo “il grande lavoro di Dio è togliere l’idolatria dal nostro cuore”.
Occorre “confidare soprattutto in Dio, (…) riporre in Lui le nostre sicurezze, (…) lasciare che sia Lui a dare vera profondità ai desideri del nostro cuore. Questo permette di sostenere anche la debolezza, l’incertezza e la precarietà. Senza primato di Dio si cade facilmente nell’idolatria e ci si accontenta di misere rassicurazioni.” Accogliere Gesù che “si è fatto povero per noi” è riconoscere che “la propria debolezza non è la disgrazia della vita umana, ma è la condizione per aprirsi a colui che è veramente forte”, perché “per la porta della debolezza entra la salvezza di Dio (cfr 2 Cor 12,10); (…) la libertà dell’uomo nasce dal lasciare che il vero Dio sia l’unico Signore. Questo permette di accettare la propria fragilità e rifiutare gli idoli del nostro cuore.” Bisogna guardare al Crocifisso, riconoscendo che in Lui “debole, disprezzato e spogliato di ogni possesso” c’è il vero volto di Dio, “la gloria dell’amore e non quella dell’inganno luccicante”. Ci guarisce “Colui che si è fatto povero, che ha accolto il fallimento, che ha preso fino in fondo la nostra precarietà per riempirla di amore e di forza.”
Domenica 12 agosto, dopo la Messa, all’Angelus, il Papa ha consegnato ai giovani il mandato, benedetto la statua della Madonna di Loreto e il Crocifisso di San Damiano che saranno inviati alla Gmg 2019 di Panama, esortandoli “ad essere protagonisti nel bene! Non sentitevi a posto quando non fate il male; ognuno è colpevole del bene che poteva fare e non ha fatto.” Infatti “non basta non odiare, bisogna perdonare; non basta non avere rancore, bisogna pregare per i nemici; non basta non essere causa di divisione, bisogna portare pace dove non c’è.
Per questo occorre “intervenire dove il male si diffonde; perché il male si diffonde dove mancano cristiani audaci che si oppongono con il bene, ‘camminando nella carità’, secondo il monito di San Paolo.” Il Papa ha fatto appello al coraggio nonostante i timori, al sogno nonostante le tentazioni di una vita più comoda fiducioso nella forza dei ragazzi che “per natura” sono “dinamici, appassionati e coraggiosi”, arrivati a piedi da lontano e nell’intercessione della Beata Vergine Maria: “camminate nella carità! Camminate nell’amore e camminiamo insieme verso il prossimo Sinodo dei Vescovi.”
Gian Paolo Cassano
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