NUOVI SANTI
a cura di Gian Paolo Cassano
E’ la infermiera laica ad esser proclamata beata. E’ la polacca Hanna Chrzanowska elevata alla gloria degli altari lo scorso sabato 28 aprile, nel Santuario della Divina Misericordia di Cracovia, durante una celebrazione presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.
A lei si deve l’organizzazione di un sistema innovativo di assistenza domiciliare per i malati cronici che, grazie alle parrocchie, coinvolse centinaia di persone che vivevano in un paese comunista in condizioni estremamente degradanti della dignità umana. Fu un sistema di assistenza realizzato da infermiere professioniste supportate da suore, studenti, parenti e vicini dei malati, coinvolgendo religiosi e sacerdoti in una rete di aiuto, ponendoli al fianco di persone povere, malate e bisognose. Così Chrzanowska divenne anche una pioniera degli ospizi in Polonia.
Fu poco prima della Seconda Guerra mondiale che maturò una profonda conversione, iniziando poi ad assistere i malati nelle loro case ed organizzando un innovativo sistema di cure, che la portò a collaborare, dal 1957 al 1973 con Karol Wojtyla (il futuro papa Giovanni Paoolo II).
Fu lei ad introdurlo nelle profondità della miseria umana, mentre allo stesso tempo insegnava un approccio pratico agli ammalati in modo che sentissero amore, cure, aiuto. Wojtyla esercitò su lei una forte influenza spirituale, come dimostra la fitta corrispondenza tra loro. “Lei – disse una volta il Papa – è sempre stata vicina al mio cuore”; l’infermiera era un frutto del Concilio Vaticano II, una laica, professionista, che attingendo alla profondità della spiritualità cristiana viveva uno stretto rapporto con Cristo che si incarnava nel servizio agli ammalati.
Divenuta membro professo delle Oblate benedettine, riuscì a fare ancora di più: far celebrare la Messa presso i domicili dei malati e, oltre agli esercizi spirituali che già da tempo organizzava per le colleghe, ne organizzò anche per gli ammalati, nella splendida cornice dell’Abbazia di Tyniec, il suo rifugio segreto dove ricaricava le forze fisiche e spirituali.
Ella considerava il proprio lavoro “un’ambulanza costante per gli sfollati”, affatto un mestiere inferiore a quello del medico, le cui arti erano esclusivamente rivolte all’aspetto sanitario. Non si occupava solo del fisico, ma dello spirito e dell’umore dei suoi pazienti, quelli ricoverati in ospedale ma anche i malati terminali che non potevano più muoversi dalle loro case, o i poveri in condizioni disperate che affollavano le parrocchie.
Hanna era l’incarnazione delle beatitudini di Cristo, «in particolare – disse nell’omelia funebre nel 1973 – quella che dice: Beati i misericordiosi», ribadendo la gratitudine nei suoi confronti perché «sei stata per me un grande aiuto e conforto».
Domenica 29 aprile, al Regina Coeli, il Papa ha ricordato la sua beatificazione e come avesse dedicato la sua vita a curare gli ammalati “nei quali vedeva il volto di Gesù sofferente”, pregando affinché sia imitato l’esempio di questa “apostola degli infermi”.
Gian Paolo Cassano
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