LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
All’udienza generale di mercoledì 4 ottobre il Pontefice ha proseguito il ciclo di riflessioni sulla speranza cristiana soffermandosi sui “missionari di speranza oggi”, come S. Francesco di Assisi o i cristiani che oggi sono perseguitati in Medio Oriente e che “che danno testimonianza di speranza e anche offrono la vita per questa testimonianza.” I martiri di ogni tempo raccontano che l’ingiustizia non è l’ultima parola nella vita, perché chi ha un “perché vivere” resiste più degli altri “nei tempi di sventura”. Infatti l’essenza dell’annuncio cristiano è l’opposto dell’essere profeti di sventura, perché Gesù è morto e risorto per noi; il Vangelo sarebbe solo un libro consolatorio se si fermasse alla sepoltura. La sua risurrezione è partecipata ad ogni essere umano e “ci trasforma”.
Occorre annunciare la Risurrezione non “solamente a parole, ma con i fatti e la testimonianza di vita”, perché Gesù non vuole “discepoli capaci solo di ripetere formule imparate a memoria” ma “testimoni” che “propagano la speranza con il loro modo di accogliere, di sorridere” e soprattutto di amare. Quel “di più dell’esistenza cristiana non si spiega semplicemente con la forza d’animo”, con l’ottimismo: “noi siamo persone con un pezzo di cielo in più sopra la testa”. I cristiani sono chiamati ad aprire “spazi di salvezza”, essere “cellule di rigenerazione capaci di restituire linfa a ciò che sembrava perduto per sempre”, a saper parlare del sole quando tutto è nuvoloso. Il vero cristiano non è lamentoso o arrabbiato ma convinto che “nessun male è infinito, nessuna notte è senza termine, nessun uomo è definitivamente sbagliato” e “nessun odio invincibile dall’amore”.
Ricordiamoci che “il cristiano è un missionario di speranza”.
Domenica 8 ottobre all’Angelus, riferendosi alla parabola dei vignaioli, il Papa ha parlato dell’alleanza “che Dio ha voluto stabilire con l’umanità ed alla quale ci chiama a partecipare”. E’ una storia di amore che “conosce i suoi momenti positivi ma è segnata anche da tradimenti e da rifiuti”. Qui appare la grande novità del Cristianesimo: un “Dio che, pur deluso dai nostri sbagli e dai nostri peccati, non viene meno alla sua parola. (….) Dio ama, non si vendica, ci aspetta per perdonarci, per abbracciarci”. Egli continua a versare il vino nuovo della misericordia nelle situazioni di debolezza e di peccato; la sua volontà tenace di Dio si ferma solo di fronte alla nostra arroganza. “Di fronte a questi atteggiamenti e dove non si producono frutti la Parola di Dio conserva tutta la sua forza di rimprovero e di ammonimento.”
Ora produrre frutti è il nuovo e l’originale nella fede cristiana che “non è tanto la somma di precetti e di norme morali, ma è prima di tutto una proposta di amore che Dio, attraverso Gesù, ha fatto e continua a fare all’umanità. È un invito a entrare in questa storia di amore, diventando una vigna vivace e aperta, ricca di frutti e di speranza per tutti”.
Gian Paolo Cassano
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.