La Parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Due giorni intensi è durato il pellegrinaggio di Papa Francesco a Fatima, a 100 anni dall’apparizione di Maria S.S. ai tre pastorelli, “un incontro con il Signore e la Santa Madre di Dio” (come ha detto sul volo versoi il Portogallo).
Giunto in Portogallo venerdì 12 maggio, il Papa ha sostato in preghiera nella Cappellina delle Apparizioni dove “cent’anni or sono – ha detto in preghiera alla S.S. Vergine – a tutti hai manifestato i disegni della misericordia di Dio, guardo la tua veste di luce e, come vescovo vestito di bianco, ricordo tutti coloro che, vestiti di candore battesimale, vogliono vivere in Dio e recitano i misteri di Cristo per ottenere la pace”. Il Papa ha implorato per il mondo “concordia fra tutti i popoli”, seguendo l’esempio di Francesco e Giacinta: “abbatteremo tutti i muri e supereremo ogni frontiera, uscendo verso tutte le periferie, manifestando la giustizia e la pace di Dio. (…) Saremo, nella gioia del Vangelo, la Chiesa vestita di bianco, del candore lavato nel sangue dell’Agnello versato anche oggi nelle guerre che distruggono il mondo in cui viviamo”. Il Papa ha poi deposto una “Rosa d’Oro”, dono esclusivo dei Pontefici in visita mariana, davanti a quella statua della Vergine di Fatima che, nella corona, conserva incastonata la pallottola estratta dal corpo di San Giovanni Paolo II dopo l’attentato del 13 maggio del 1981. Poi, nella Spianata della Cova da Iria, migliaia di persone si sono unite, nel silenzio, alla sua preghiera. Quindi il Papa in serata è tornato per benedire quelle oltre 600.000 candele che rompevano il buio della notte. Parlando alla folla ha riflettuto sulla misericordia, da anteporre, perché “il giudizio di Dio sarà sempre fatto alla luce della sua misericordia”. Maria non è “una ‘santina’ alla quale si ricorre per ricevere favori a basso costo”, ma con la sua tenerezza è tramite del perdono di Dio: “possa ognuno di noi diventare, con Maria, segno e sacramento della misericordia di Dio che perdona sempre, perdona tutto”. Il Papa, quindi, ha invocato la benedizione di Dio sui “diseredati e infelici”, sugli esclusi e abbandonati.
Sabato 13 maggio il Papa ha presieduto la S.Messa durante la quale è avvenuta la canonizzazione di Francesco e Giacinta Marto, due dei pastorelli veggenti (di Lucia, morta nel 2005, è aperta la causa di beatificazione), testimoni delle visioni mariane iniziate un secolo fa. Nell’omelia, ha ricordato la frase di Santa Giacinta alla madre, dopo la prima apparizione: “Oggi ho visto la Madonna!”. “Essi avevano visto la Madre del cielo”. Una Madre venuta ad avvertirci dei rischi cui conduce una vita senza Dio. I tre pastorelli si trovarono nella Luce di Dio che avvolge la Madonna. E questo è Fatima, un manto di Luce che ci copre, rifugiandoci sotto la sua protezione per chiederLe di mostrarci Gesù. Fatima è il luogo della speranza: “come un’ancora, fissiamo la nostra speranza in quella umanità collocata nel Cielo alla destra del Padre. Questa speranza sia la leva della vita di tutti noi!”. Testimoni di questo affidamento alla speranza cristiana sono i due fratellini Marto, coraggiosi e persistenti nella preghiera. Francesco ha ricordato una visione di S. Giacinta in cui appariva il Papa in preghiera per gli affamati davanti al Cuore Immacolato di Maria. Sottolineando così il legame fra le visioni di Fatima e la missione di Pontefice ha aggiunto: “non potevo non venire qui per venerare la Vergine Madre e affidarLe i suoi figli e figlie. Sotto il suo manto non si perdono; dalle sue braccia verrà la speranza e la pace di cui hanno bisogno e che io supplico per tutti i miei fratelli nel Battesimo e in umanità, in particolare per i malati e i disabili, i detenuti e i disoccupati, i poveri e gli abbandonati”. Così chiamandoci a rappresentare la speranza per gli altri, il Cielo mette in moto “una vera e propria mobilitazione generale contro questa indifferenza che ci raggela il cuore”.
Al termine, Francesco ha voluto indirizzare un saluto particolare a tutti i malati: “non vi vergognate di essere un prezioso tesoro della Chiesa. Contate sulla preghiera che da ogni parte si innalza per voi e con voi. Dio è Padre e non vi dimenticherà mai”. Rievocando l’immagine del chicco di grano che muore per portare frutto, ha ricordato ai malati che quando passiamo attraverso una croce, il Signore vi è già passato prima: “nella sua Passione, Egli ha preso su di sé tutte le nostre sofferenze. Gesù sa cosa significa il dolore, ci capisce, ci consola e ci dà la forza, come ha fatto a San Francesco Marto e Santa Giacinta, ai Santi di tutti i tempi e luoghi”. Davanti ai nostri occhi abbiamo Gesù nascosto ma presente nell’Eucaristia, così come nelle ferite dei malati e sofferenti: “oggi la Vergine Maria ripete a tutti noi la domanda che fece, cento anni or sono, ai Pastorelli: ‘Volete offrirvi a Dio?’. La risposta – ‘Sì, lo vogliamo!’ – ci dà la possibilità di capire e imitare la loro vita”. Di qui l’esortazione a vivere la vita come un dono e non sentirsi soltanto destinatari di solidarietà, ma partecipi a pieno titolo della vita della Chiesa: “la vostra presenza silenziosa ma più eloquente di molte parole, la vostra preghiera, l’offerta quotidiana delle vostre sofferenze in unione con quelle di Gesù crocifisso per la salvezza del mondo, l’accettazione paziente e persino gioiosa della vostra condizione sono una risorsa spirituale, un patrimonio per ogni comunità cristiana”. I sofferenti sono un prezioso tesoro della Chiesa.
Gian Paolo Cassano

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