LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Un appello a dimenticare Aleppo: lo ha rivolto il Papa all’Angelus domenica 11 dicembre, chiedendo di fare una scelta di pace per tutti coloro che stanno soffrendo per la guerra: “non possiamo accettare che questo sia negato dalla guerra, che è un cumulo di soprusi e di falsità. Faccio appello all’impegno di tutti, perché si faccia una scelta di civiltà: no alla distruzione, sì alla pace, sì alla gente di Aleppo e della Siria”.
Riferendosi poi alla liturgia della terza domenica di Avvento, Francesco ha richiamato all’invito di San Paolo a rallegrarsi nel Signore: “non è un’allegria superficiale o puramente emotiva quella alla quale ci esorta l’Apostolo, e nemmeno quella mondana o quella allegria del consumismo, no, non è questa, ma si tratta di una gioia più autentica, di cui siamo chiamati a riscoprire il sapore, il sapore della vera gioia. E’ una gioia che tocca l’intimo del nostro essere, mentre attendiamo Gesù che è già venuto a portare la salvezza al mondo, il Messia promesso, nato a Betlemme dalla Vergine Maria”. Di fronte ad una situazione di desolazione, di un destino inesorabile senza Dio, come quella raccontata da Isaia, la salvezza è annunciata dalla venuta del Signore, che “afferra tutto l’essere umano e lo rigenera”. Infatti “Dio è entrato nella storia per liberarci dalla schiavitù del peccato; ha posto la sua tenda in mezzo a noi per condividere la nostra esistenza, guarire le nostre piaghe, fasciare le nostre ferite e donarci la vita nuova. La gioia è il frutto di questo intervento di salvezza e di amore di Dio”. Tutti i cristiani sono chiamati a farsi coinvolgere dal sentimento di esultanza, perché “un cristiano che non è gioioso” o è mancante di qualcosa, “o non è cristiano! La gioia del cuore, la gioia dentro che ci porta avanti e ci dà il coraggio”. Il Signore che libera da tutte le schiavitù indica “la strada della fedeltà, della pazienza e della perseveranza perché, al suo ritorno, la nostra gioia sarà piena”. Per questo occorre condividere con gli altri la gioia “donando conforto e speranza ai poveri, agli ammalati, alle persone sole e infelici”.
La gioia del Natale, la gioia di essere perdonati da Dio; su questo si è soffermato il Papa nell’udienza generale di mercoledì 14 dicembre, invitando i cristiani a farsi messaggeri di speranza.
Essa nasce quando vediamo Dio nel presepio; di fronte a questo, “i piccoli del mondo sapranno che la promessa si è compiuta”. Francesco ha spiegato in cosa consista la speranza a partire dalle parole del profeta Isaia, che annunciano la venuta del Signore che libera il suo popolo. Questo dunque il motivo della speranza: “quando tutto sembra finito, quando, di fronte a tante realtà negative, la fede si fa faticosa e viene la tentazione di dire che niente più ha senso, ecco invece la bella notizia portata da quei piedi veloci: Dio sta venendo a realizzare qualcosa di nuovo, a instaurare un regno di pace; Dio ha ‘snudato il suo braccio’ e viene a portare libertà e consolazione. Il male non trionferà per sempre, c’è una fine al dolore. La disperazione è vinta perché Dio è tra noi”.
Il Papa ha sottolineato fortemente che Dio “non ha abbandonato il suo popolo” perché “la sua grazia è più grande del peccato” e “questo dobbiamo impararlo” ! Dio vince il peccato con l’amore e l’uomo viene liberato “da ciò che sfigura in lui l’immagine bella di Dio perché quando siamo in peccato l’immagine di Dio è sfigurata”.
Ed il suo compimento sarà proprio quel regno di perdono e di pace, che si celebra con il Natale, perché “il Signore mi ha perdonato, il Signore ha avuto misericordia di me, è venuto a salvarmi. Quella è la gioia del Natale!”. Di qui l’esortazione a diventare “uomini e donne di speranza”, collaborando alla venuta di questo regno: “il messaggio della Buona Notizia che ci è affidato è urgente, dobbiamo anche noi correre come il messaggero sui monti, perché il mondo non può aspettare, l’umanità ha fame e sete di giustizia, di verità, di pace”.
Così “il Natale è un giorno per aprire il cuore”, a tanta piccolezza e meraviglia, perché la sorpresa del Natale è quella “di un Dio bambino, di un Dio povero, di un Dio debole”, in un parola “di un Dio che abbandona la sua grandezza per farsi vicino a ognuno di noi”.
Domenica 18 dicembre, all’Angelus, il Papa ha indicato il modello di Maria e di Giuseppe, che più di altre sono state coinvolte in questo “mistero di amore che si compie nel Natale”, per rendersi disponibili ad accogliere il Figlio di Dio nella nostra vita concreta e a seguire con fiducia la volontà del Padre celeste. Nella Vergine “il Figlio di Dio viene nel suo seno per diventare uomo e Lei lo accoglie”. Così, in modo unico, “Dio si è avvicinato all’essere umano prendendo la carne da una donna”. Così “a noi in modo diverso”, succede che “Dio si avvicina con la sua grazia per entrare nella nostra vita e offrirci in dono il suo Figlio”. Quale sarà la nostra accoglienza ? “Lo accogliamo, lo lasciamo avvicinarsi oppure lo rifiutiamo, lo cacciamo via? Come Maria, offrendo liberamente sé stessa al Signore della storia, gli ha permesso di cambiare il destino dell’umanità, così anche noi, accogliendo Gesù e cercando di seguirlo ogni giorno, possiamo cooperare al suo disegno di salvezza su noi stessi e sul mondo. Maria ci appare dunque come modello a cui guardare e sostegno su cui contare nella nostra ricerca di Dio, nella nostra vicinanza a Dio, in questo lasciare che Dio si avvicini a noi e nel nostro impegno per costruire la civiltà dell’amore”.
Al fianco di Maria, c’è San Giuseppe che, “nel momento del dubbio e dell’angoscia”, viene illuminato da Dio: “ il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Egli allora “si fida totalmente di Dio che gli si avvicina e, seguendo il suo invito, non ripudia la sua promessa sposa ma la prende con sé e sposa Maria. Accogliendo Maria, Giuseppe accoglie consapevolmente e con amore Colui che in lei è stato concepito per opera mirabile di Dio, a cui nulla è impossibile. Giuseppe, uomo umile e giusto, ci insegna a fidarci sempre di Dio, che ci si avvicina: quando Dio ci si avvicina dobbiamo fidarci. Giuseppe ci insegna a lasciarci guidare da Lui con volontaria obbedienza.”
Mediante la loro fede dunque Maria e Giuseppe ”per primi hanno accolto Gesù” e così “ci introducono al mistero del Natale”: entrambi si sono fatti “avvicinare da Dio”; tocca anche a noi fare lo stesso davanti al mistero del Natale che festeggia l’Emmanuele, il “Dio con noi”.“E’ il Dio che si avvicina. Io gli apro la porta”; così è quando si sente un’ispirazione interiore o di fare qualcosa di più per gli altri o “quando mi chiama alla preghiera.” Sia “questo annuncio di speranza, che si compie a Natale” a portare “a compimento l’attesa di Dio anche in ciascuno di noi, in tutta la Chiesa, e in tanti piccoli che il mondo disprezza, ma che Dio ama e che Dio si avvicina loro”.
Gian Paolo Cassano
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