LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
E’ la solidarietà verso i migranti che “ci profuma l’anima e ci fa cambiare”. Con queste belle espressioni il Papa ha guidato la riflessione nel corso dell’udienza generale di mercoledì 26 ottobre dedicata alle opere di misericordia. Non bisogna dimenticare che il fenomeno migratorio fa parte della storia dell’umanità fin da Abramo: “ad ogni latitudine, non c’è popolo che non abbia conosciuto il fenomeno migratorio”. Nella storia ci sono state espressioni di solidarietà come pure “non sono mancate tensioni sociali” ed oggi la crisi economica favorisce l’emergere di “atteggiamenti di chiusura”. L’unica risposta vera è la solidarietà e Gesù ci dice: “ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito”. In questo campo l’impegno dei cristiani “è urgente oggi come in passato”, come fece Santa Francesca Cabrini che dedicò la sua vita ai migranti negli Stati Uniti, a cavallo fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Ogni cristiano è chiamato ad accogliere chi fugge da condizioni di vita disumane come guerre, fame e violenza: “diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata, associazioni e movimenti, come i singoli cristiani, tutti siamo chiamati ad accogliere”.
Il Papa ha poi raccontato la storia di un migrante incontrato per strada da una signora. Era senza scarpe e voleva arrivare alla Porta Santa, a San Pietro. Hanno preso il taxi insieme: “quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, l’uomo, l’autista che all’inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: ‘No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore’. (…) Quando noi facciamo una cosa del genere, all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di scomodità. (…) Ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati”. Infatti vestire chi è nudo significa “restituire dignità a chi l’ha perduta: certamente dare dei vestiti a chi ne è privo, ma anche pensare alle donne vittime della tratta, gettate per le strade” e agli “altri, troppi modi di usare il corpo umano come merce, persino dei minori”. Le forme di nudità sono molte: “non avere una casa, un lavoro, un salario giusto” o essere discriminati per razza e religione. Il cristiano deve agire, senza essere preoccupato solo dei suoi interessi.
Poi, ricordando che ottobre è un mese dedicato al Rosario, l’ha raccomandato ai fedeli perché è “la preghiera dei semplici e dei santi … è la preghiera del mio cuore”. Donando ai fedeli una corona del Rosario ha spiegato che “è una sintesi della Divina misericordia”, perché “con Maria, contempliamo la vita di Gesù che irradia la misericordia del Padre stesso. Rallegriamoci del Suo amore e del perdono, accogliamolo negli stranieri e nei bisognosi, viviamo ogni giorno del Suo Vangelo”.
Domenica 30 ottobre, all’Angelus, ha espresso la vicinanza e la preghiera per le popolazioni dell’Italia centrale colpite dal terremoto, tra i più intensi del secolo, che ha provocato estese distruzioni e danni irreparabili, fortunatamente senza vittime. Nella catechesi, prendendo spunto dal Vangelo di oggi, Francesco si è soffermato sull’incontro di Gesù con Zaccheo. “E’ il disegno di salvezza della misericordia del Padre. E in questo disegno c’è anche la salvezza di Zaccheo, un uomo disonesto e disprezzato da tutti, e perciò bisognoso di convertirsi”. Gesù infatti “guidato dalla misericordia, cercava proprio lui”, perché il sguardo “va oltre i peccati e i pregiudizi; vede la persona con gli occhi di Dio, che non si ferma al male passato, ma intravede il bene futuro; Gesù non si rassegna alle chiusure, ma apre sempre nuovi spazi di vita; non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore”. Al nostro atteggiamento di rinfacciare gli errori a chi sbaglia, Gesù con Zaccheo” “indica un’altra strada”, cioè “quella di mostrare a chi sbaglia il suo valore, quel valore che Dio continua a vedere malgrado tutto, malgrado tutti i suoi sbagli”. È il dare fiducia alle persone che le fa crescere e cambiare. “Così si comporta Dio con tutti noi: non è bloccato dal nostro peccato, ma lo supera con l’amore e ci fa sentire la nostalgia del bene”.
Infatti, “non esiste una persona che non ha qualcosa di buono. E questo guarda Dio per tirarlo fuori dal male”.
Gian Paolo Cassano
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