LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Mercoledì 8 giugno, all’Udienza generale, il Pontefice ha parlato del miracolo alle nozze di Cana, svelando come, al di là del racconto, ogni parola ed espressione svelino l’intero mistero di Cristo, il suo legame e la missione affidata ai cristiani. Dopo le parabole, il Papa ha iniziato a parlare dei miracoli come segni della misericordia divina. Così Gesù si manifesta come lo “sposo del popolo di Dio” e “rivela la profondità della relazione che ci unisce a Lui”, (…) una nuova Alleanza di amore”.
Infatti “a fondamento della nostra fede” c’è “un atto di misericordia con cui Gesù ci ha legati a sé. E la vita cristiana è la risposta a questo amore, è come la storia di due innamorati. Dio e l’uomo si incontrano, si cercano, si trovano, si celebrano e si amano: proprio come l’amato e l’amata nel Cantico dei Cantici”.
Allora “tutto il resto viene come conseguenza di questa relazione”, a partire dalla Chiesa, “la famiglia di Gesù in cui si riversa questo amore”, da custodire e donare. Così Gesù, trasformando in vino l’acqua delle anfore, “compie un gesto eloquente: trasforma la Legge di Mosè in Vangelo, portatore di gioia”. E la missione della Chiesa si può cogliere in quello che Maria dice ai servi (“Qualsiasi cosa vi dica fatela!”). Così per la Chiesa “servire il Signore significa ascoltare e mettere in pratica la sua Parola. E’ la raccomandazione semplice ma essenziale della Madre di Gesù ed è il programma di vita del cristiano. Per ognuno di noi, attingere dall’anfora equivale ad affidarsi alla Parola di Dio per sperimentare la sua efficacia nella vita.”
Così “in queste nozze Gesù lega a sé i suoi discepoli con una Alleanza nuova e definitiva. A Cana i discepoli di Gesù diventano la sua famiglia e a Cana nasce la fede della Chiesa. A quelle nozze tutti noi siamo invitati, perché il vino nuovo non viene più a mancare“.
Domenica 12 giugno, celebrando il Giubileo dei disabili, il Pontefice ha messo in guardia la società dal ghettizzare i malati perché la vera strada per essere felici è amare. Il tutto con un linguaggio di gesti e parole che Francesco riserva sempre a malati, bimbi, adulti o anziani che esprime la misericordia per il Papa: abbracciare, sorridere, in una parola accogliere. “La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso…” Il Papa ha mostrato un’estrema comprensione per la realtà umana: tutti prima o poi ci scontriamo con “le malattie nostre o altrui”, “esperienze drammaticamente umane”. E’ un’epoca la nostra “in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante”. E’ la grande illusione dell’uomo di oggi “quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità! Egli non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente ‘perfette’, per non dire ‘truccate’ ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto”. Ora “la tentazione di rinchiudersi in sé stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto. Amare nonostante tutto …” perché “il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire”.
All’Angelus, nella Giornata mondiale contro il lavoro minorile, ha invitato tutti a rinnovare “lo sforzo per rimuovere le cause di questa schiavitù moderna, che priva milioni di bambini di alcuni diritti fondamentali e li espone a gravi pericoli. Oggi ci sono nel mondo tanti bambini schiavi”!
Ha poi esortato ad un “fruttuoso impegno” nella lotta contro la lebbra, ed ha ricordato i due nuovi Beati della Chiesa. Sono il sacerdote Giacomo Abbondo, “vissuto nel Settecento, innamorato di Dio, colto, sempre disponibile per i suoi parrocchiani”, beatificato sabato 11 a Vercelli e suor Carolina Santocanale, fondatrice delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, che “si fece povera tra i poveri” abbandonando le comodità di una vita agiata, beatificata domenica 12 pomeriggio a Monreale che “da Cristo, specialmente nell’Eucaristia, attinse la forza per la sua maternità spirituale e la sua tenerezza con i più deboli”.
Gian Paolo Cassano
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