LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Lo ha affermato il Papa all’udienza generale di mercoledì 13 aprile, continuando la catechesi dedicata alla misericordia nel Vangelo. Così ha rievocato la figura dell’Apostolo Matteo, nella cui chiamata c’è lo spartiacque tra chi fa della religione una forma di decoro e chi un’esperienza di vita. “Essere cristiani non ci rende impeccabili”: infatti “tutti siamo peccatori, tutti abbiamo peccati. Chiamando Matteo, Gesù mostra ai peccatori che non guarda al loro passato, alla condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto apre loro un futuro nuovo.” Citando il detto ‘Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro’, ha evidenziato che “questo è quello che fa Gesù. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono”.
Gesù “si presenta come un buon medico” che accoglie chiunque: “innanzi a Gesù nessun peccatore va escluso! (…) Chiamando i peccatori alla sua mensa, Egli li risana ristabilendoli in quella vocazione che essi credevano perduta e che i farisei hanno dimenticato: quella di invitati al banchetto di Dio (…) Se i farisei vedono negli invitati solo dei peccatori e rifiutano di sedersi con loro, Gesù al contrario ricorda loro che anch’essi sono commensali di Dio”. I “farmaci” con i quali Cristo mostra “il potere risanante di Dio” sono la sua Parola e l’Eucaristia che devono “dare fiducia e aprire il nostro cuore al Signore perché venga e ci risani”. Certo, “a volte questa Parola è dolorosa perché incide sulle ipocrisie, smaschera le false scusanti, mette a nudo le verità nascoste; ma nello stesso tempo illumina e purifica, dà forza e speranza, è un ricostituente prezioso nel nostro cammino di fede. L’Eucaristia, da parte sua, ci nutre della stessa vita di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro Battesimo”.
Rispondendo ai farisei che lo contestano, Gesù cita il profeta Osea (“Misericordia voglio e non sacrificio”), chiedendo un cuore sincero e non una “religiosità di facciata”: indica “cioè la lealtà di un cuore che riconosce i propri peccati, che si ravvede e torna ad essere fedele all’alleanza con Dio”, domandando un cuore pentito, senza cui “ogni azione religiosa è inefficace!”
“Ho visto tanto dolore”. Il cuore del Papa ha vivo l’incontro con tante sofferenza, quella dei profughi incontrati sabato 16 aprile sull’isola greca di Lesbo, condivisa con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e l’arcivescovo ortodosso di Atene, Ieronymos. Così ne ha parlato domenica 17 aprile al Regina Coeli, esprimendo anche solidarietà per le vittime del sisma in Ecuador e in Giappone.
“Abbiamo visitato uno dei campi dei rifugiati: provenivano dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Africa, da tanti Paesi… Abbiamo salutato circa 300 di questi profughi, uno ad uno. Tutti e tre: il Patriarca Bartolomeo, l’arcivescovo Ieronymos ed io. Tanti di loro erano bambini; alcuni di loro, di questi bambini, hanno assistito alla morte dei genitori e dei compagni; alcuni di loro morti annegati in mare. Ho vito tanto dolore!” Di quel mare di disperazione, Francesco racconta una storia di ordinario orrore, il “caso particolare di un uomo giovane, non ha 40 anni. Lo ho incontrato ieri con i suoi due figli. Lui è musulmano e mi ha raccontato che era sposato con una ragazza cristiana, si amavano e si rispettavano a vicenda; ma purtroppo questa ragazza è stata sgozzata dai terroristi, perché non ha voluto negare Cristo ed abbandonare la sua fede. E’ una martire! E quell’uomo piangeva tanto…”
Riferendosi poi al vangelo del Buon Pastore ha evidenziato come nessuno possa essere “seguace di Gesù, se non presta ascolto alla sua voce. E questo “ascoltare” non va inteso in modo superficiale, ma coinvolgente, al punto da rendere possibile una vera conoscenza reciproca, dalla quale può venire una sequela generosa, espressa nelle parole «ed esse mi seguono» (v. 27). Si tratta di un ascolto non solo dell’orecchio, ma un ascolto del cuore!” Sono parole che “ci comunicano un senso di assoluta sicurezza e di immensa tenerezza. La nostra vita è pienamente al sicuro nelle mani di Gesù e del Padre”. Così non possiamo più avere paura perché “la nostra vita è ormai salvata dalla perdizione. Niente e nessuno potrà strapparci dalle mani di Gesù, perché niente e nessuno può vincere il suo amore. L’amore di Gesù è invincibile! Il maligno, il grande nemico di Dio e delle sue creature, tenta in molti modi di strapparci la vita eterna. Ma il maligno non può nulla se non siamo noi ad aprirgli le porte della nostra anima, seguendo le sue lusinghe ingannatrici”.
Gian Paolo Cassano
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