LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
“Dio vuole costruire ponti, siamo noi che costruiamo muri”. Lo ha ricordato il Papa Francesco all’Udienza generale mercoledì 30 settembre, tutta dedicata al viaggio apostolico a Cuba e negli Stati Uniti. E’ stato un viaggio memorabile, come “Missionario della Misericordia”. Infatti “la misericordia di Dio è più grande di ogni ferita, di ogni conflitto, di ogni ideologia; e con questo sguardo di misericordia ho potuto abbracciare tutto il popolo cubano, in patria e fuori, al di là di ogni divisione”. Simbolo di questa unità profonda dell’anima cubana è la “Vergine della Carità del Cobre”, Madre di “speranza, Madre che guida nel cammino di giustizia, pace, libertà e riconciliazione”, nel “compiersi della profezia di San Giovanni Paolo II: che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. E’ una “strada che fa vibrare il cuore di tanti giovani cubani: non una strada di evasione, di facili guadagni, ma di responsabilità, di servizio al prossimo, di cura della fragilità”.
Poi “da Cuba agli Stati Uniti d’America: è stato un passaggio emblematico, un ponte che grazie a Dio si sta ricostruendo. Dio sempre vuole costruire ponti; siamo noi che costruiamo muri! E i muri crollano, sempre!” Il ricordo è andato alle tre tappe: Washington, New York e Filadelfia, incontrando non solo i grandi, ma anche i piccoli, ribadendo che “la più grande ricchezza di quel Paese e della sua gente sta nel patrimonio spirituale ed etico”. Di qui l’incoraggiamento “a portare avanti la costruzione sociale nella fedeltà al suo principio fondamentale, che cioè tutti gli uomini sono creati da Dio uguali e dotati di inalienabili diritti, quali la vita, la libertà e il perseguimento della felicità”, valori, che hanno avuto come testimone padre Junípero Serra, francescano, grande evangelizzatore della California, canonizzato dal Papa a Washington: “San Junípero mostra la strada della gioia: andare e condividere con gli altri l’amore di Cristo”. Ed è “questa è la via del cristiano, ma anche di ogni uomo che ha conosciuto l’amore: non tenerlo per sé ma condividerlo con gli altri. Su questa base religiosa e morale sono nati e cresciuti gli Stati Uniti d’America, e su questa base essi possono continuare ad essere terra di libertà e di accoglienza e cooperare ad un mondo più giusto e fraterno”. All’Onu Francesco ha rinnovato “l’incoraggiamento della Chiesa Cattolica a quella Istituzione e al suo ruolo nella promozione delle sviluppo e della pace, richiamando in particolare la necessità dell’impegno concorde e fattivo per la cura del creato”, ribadendo “anche l’appello a fermare e prevenire le violenze contro le minoranze etniche e religiose e contro le popolazioni civili”. Il “culmine del viaggio” è stato “l’Incontro delle Famiglie a Filadelfia, dove l’orizzonte si è allargato a tutto il mondo, attraverso il ‘prisma’” della famiglia. Essa, “cioè l’alleanza feconda tra l’uomo e la donna, è la risposta alla grande sfida del nostro mondo, che è una sfida duplice: la frammentazione e la massificazione, due estremi che convivono e si sostengono a vicenda, e insieme sostengono il modello economico consumistico. La famiglia è la risposta perché è la cellula di una società che equilibra la dimensione personale e quella comunitaria, e che nello stesso tempo può essere il modello di una gestione sostenibile dei beni e delle risorse del creato”. La famiglia è “il soggetto protagonista di un’ecologia integrale, perché è il soggetto sociale primario, che contiene al proprio interno i due principi-base della civiltà umana sulla terra: il principio di comunione e il principio di fecondità”. E’ stato “provvidenziale che il messaggio, anzi, la testimonianza dell’Incontro Mondiale delle Famiglie sia venuta in questo momento dagli Stati Uniti d’America, cioè dal Paese che nel secolo scorso ha raggiunto il massimo sviluppo economico e tecnologico senza rinnegare le sue radici religiose” che ora “chiedono di ripartire dalla famiglia per ripensare e cambiare il modello di sviluppo, per il bene dell’intera famiglia umana”.
Domenica 4 ottobre, per la Messa inaugurale del XIV Sinodo generale ordinario sulla famiglia, celebrata nella Basilica Vaticana, nell’omelia, ha ribadito l’indissolubilità del vincolo coniugale, esortando al contempo la Chiesa ad accogliere con misericordia le coppie ferite. Tre sono stati gli assi portanti della sua riflessione: il dramma della solitudine, l’amore tra uomo e donna, la famiglia. Infatti nel “paradosso di un mondo globalizzato” ci sono “tante abitazioni lussuose, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia; tanto divertimento, ma sempre più vuoto nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia.” Ecco, allora, che la solitudine colpisce gli anziani, i vedovi, i coniugi abbandonati, le persone incomprese ed inascoltate, quelle chiuse nell’egoismo, nella violenza, dello schiavismo del ‘dio denaro’; i migranti ed i profughi in fuga da guerre e persecuzioni, i giovani vittime della cultura del consumismo e dello scarto. E la famiglia, sottolinea il Pontefice, è l’icona di questa realtà in cui c’è “sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore”.
Così “l’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale”. Al contrario è proprio l’amore tra uomo e donna a cancellare la solitudine, perché Dio ha creato l’essere umano “per la felicità”, “per vivere la stupenda esperienza dell’amore, cioè amare ed essere amato” e “per vedere il suo amore fecondo nei figli”, poiché “nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo.” Solo alla luce dell’amore insegnato da Gesù, quell’amore folle di gratuità, appare comprensibile anche “la follia della gratuità di un amore coniugale unico e fino alla morte”, che supera individualismo, gretto egoismo e legalismo, perché in fondo gli uomini hanno “sete di infinito”. “Per Dio il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! (…) Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale”.
All’Angelus ha ricordato i “tanti bambini infelici” che scappano dalle guerre e bussano alle nostre porte e chiede “regole adeguate” per accogliere. La risposta deve essere adeguata ma deve esserci: “il Signore ci aiuti a non essere società-fortezza, ma società-famiglia, capaci di accogliere, con regole adeguate, ma accogliere, accogliere sempre con amore”. Poi il pensiero forte al Sinodo e la preghiera “perché il disegno originario del Creatore sull’uomo e la donna possa attuarsi e operare in tutta la sua bellezza e la sua forza nel mondo di oggi”, invitando a pregare “affinché lo Spirito Santo renda i Padri Sinodali pienamente docili alle sue ispirazioni”. Prendendo spunto dalla Liturgia, il Papa ha parlato dell’amore e dell’unità di una coppia che diventando genitori “partecipa della potenza creatrice di Dio stesso” che “è amore, e si partecipa alla sua opera quando si ama con Lui e come Lui”. L’amore è anche quello che viene donato agli sposi nel Sacramento del matrimonio: “è l’amore che alimenta il loro rapporto, attraverso gioie e dolori, momenti sereni e difficili. E’ l’amore che suscita il desiderio di generare i figli, di attenderli, accoglierli, allevarli, educarli”. E poi un appello: “chiediamo al Signore che tutti i genitori e gli educatori del mondo, come anche l’intera società, si facciano strumenti di quell’accoglienza e di quell’amore con cui Gesù abbraccia i più piccoli. Egli guarda nei loro cuori con la tenerezza e la sollecitudine di un padre e al tempo stesso di una madre.”
Gian Paolo Cassano
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