LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Famiglia e testimonianza della fede; su questo tema si è centrata la riflessione del Papa nell’udienza generale di mercoledì 2 settembre. Egli è partito dall’interno di una famiglia che vive di Vangelo, i cui legami “all’interno dell’esperienza della fede e dell’amore di Dio, vengono trasformati, vengono ‘riempiti’ di un senso più grande e diventano capaci di andare oltre sé stessi, per creare una paternità e una maternità più ampie, e per accogliere come fratelli e sorelle anche coloro che sono ai margini di ogni legame”. La vita di famiglia insegna la “grammatica” degli affetti, che “è ben difficile” imparare al di fuori di essa. E “l’invito a mettere i legami famigliari nell’ambito dell’obbedienza della fede e dell’alleanza con il Signore non li mortifica; al contrario, li protegge, li svincola dall’egoismo, li custodisce dal degrado, li porta in salvo per la vita che non muore. La circolazione di uno stile famigliare nelle relazioni umane è una benedizione per i popoli: riporta la speranza sulla terra”. Una speranza che ha tante facce quanti sono i gesti di generosità di cui sono capaci i genitori che considerano di famiglia anche chi vive fuori della porta della loro casa: “un solo sorriso miracolosamente strappato alla disperazione di un bambino abbandonato, che ricomincia a vivere, ci spiega l’agire di Dio nel mondo più di mille trattati teologici. Un solo uomo e una sola donna, capaci di rischiare e di sacrificarsi per un figlio d’altri, e non solo per il proprio, ci spiegano cose dell’amore che molti scienziati non comprendono più”.
Così “la famiglia che risponde alla chiamata di Gesù riconsegna la regìa del mondo all’alleanza dell’uomo e della donna con Dio”. Se a questa alleanza venisse finalmente consegnato “il timone della storia”, in ogni ambito sociale, e ogni decisione fosse assunta con “lo sguardo rivolto alla generazione che viene”, allora “i temi della terra e della casa, dell’economia e del lavoro, suonerebbero una musica molto diversa! Se ridaremo protagonismo, a partire dalla Chiesa, alla famiglia che ascolta la parola di Dio e la mette in pratica, diventeremo come il vino buono delle nozze di Cana, fermenteremo come il lievito di Dio!”. Ecco il lievito che riporta la vita nella Babele “della civiltà moderna”, dove ci si diverte tanto ma il cuore è spesso in esilio: “le nostre città sono diventate desertificate per mancanza d’amore, per mancanza di sorriso. Tanti divertimenti, tante cose per perdere tempo, per far ridere, ma l’amore manca. Il sorriso di una famiglia è capace di vincere questa desertificazione delle nostre città. E questa è la vittoria dell’amore della famiglia. Nessuna ingegneria economica e politica è in grado di sostituire questo apporto delle famiglie”.
Domenica 6 settembre all’Angelus, di fronte al dramma dei migranti che scuota le coscienze, il Papa ha chiesto gesti concreti di solidarietà a tutte le Chiese e i fedeli d’Europa, in vista del Giubileo della Misericordia, che “è il secondo nome dell’Amore”. “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere ‘prossimi” dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: ‘Coraggio, pazienza!…’. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”. E’ un appello “ad esprimere la concretezza del Vangelo”, perché “ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma”.
Soffermandosi sul Vangelo domenicale, ha ricordato come la sordità “esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio”. Chiede il silenzio per accogliere la “Parola che risana, che riconcilia e ristabilisce la comunicazione”, ripristinando “la relazione con quell’uomo ‘bloccato’ nella comunicazione”, con il miracolo che “è un dono dall’Alto, che Gesù implora dal Padre.” Ciò vale anche per noi spesso “ripiegati e chiusi in noi stessi”. Così “guariti dalla sordità e dall’egoismo della chiusura e del peccato veniamo inseriti nella grande famiglia della Chiesa” e “possiamo ascoltare Dio che ci parla e comunicare la sua Parola a quanti non l’hanno mai ascoltata, o a chi l’ha dimenticata e sepolta sotto le spine delle preoccupazioni e degli inganni del mondo”.
Il Papa ha reso poi omaggio alle tre suore martiri nella guerra civile del 1936, Fidelia Oller, Giuseppa Manrabal e Faconda Margenta, beatificate ieri in Spagna; “malgrado le minacce e le intimidazioni queste donne rimasero al loro posto per assistere i malati, confidando in Dio” e “la loro eroica testimonianza, fino all’effusione del sangue, dia forza e speranza a quanti oggi sono perseguitati a motivo della fede cristiana. E noi sappiamo che sono tanti”.
Gian Paolo Cassano
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