NESSUNO NE PARLA (O QUASI)
news quasi sconosciute
a cura di Gian Paolo Cassano
Molti ricorderanno nella storie recente l’intervento francesi in Mali per fermare l’avanzata da Nord delle formazioni jaidiste, che avevano sfruttato lo storico disaccordo tra popolazione tuareg del Nord e quelle del sud. Sabato scorso 20 giugno è stato firmato a Bamako (capitale del Mali) l’accordo di pace tra governo del Mali e Coordinamento dei movimenti dell’Azawad, che raggruppa le formazioni armate del nord, a maggioranza tuareg. Nel maggio scorso le autorità maliane avevano siglato l’intesa ma i ribelli avevano chiesto ulteriori garanzie per l’Azawad. Con la mediazione dell’Algeria si è giunti ad un nuovo testo per la riconciliazione. In segno di distensione, i gruppi pro-Bamako si sono ritirati da Menaka, località settentrionale che le milizie filogovernative avevano conquistato a fine aprile, strappandola al controllo dei ribelli del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad.
Come la storia del Mali e delle insurrezioni tuareg insegnano – ha detto Marco Di Liddo, studioso dell’area e analista del Centro Studi Internazionali, alla Radio Vaticana – questo accordo può essere tutto e può essere niente. In passato – negli anni Sessanta, Ottanta, Duemila – ogni qualvolta ci sia stata una rivolta tuareg il governo e queste componenti tribali sono riuscite a trovare un accordo, che però è poi risultato nel tempo molto fragile, perché mancava di contenuti politici, perché non era applicato nelle sue direttive sociali, economiche e di tutela dei diritti delle minoranze, rappresentando solo una sorta di esteso cessate-il-fuoco. Anche in questo caso l’accordo mantiene tutti questi dubbi. Quindi c’è il rischio che rappresenti una prolungata cessazione delle ostilità militari, ma che – a livello politico – esponga invece il fianco a molte vulnerabilità. Senza l’applicazione di un piano di integrazione, di riforma e di espansione dei diritti civili, politici ed economici presso la comunità tuareg, c’è il rischio che nel giro di qualche anno si torni alla situazione che ha fatto scoppiare la guerra nel 2012.
Gian Paolo Cassano
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