LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Nell’udienza generale di mercoledì 3 giugno il Papa ha parlato della vulnerabilità della famiglia “nelle condizioni della vita che la mettono alla prova”. Tra queste c’è la povertà per chi vive nelle “periferie delle megalopoli” come nelle “zone rurali”, realtà degradate, spesso aggravate dalla guerra, che “è sempre una cosa terribile. (…) Davvero la guerra è la ‘madre di tutte le povertà’, la guerra impoverisce la famiglia, una grande predatrice di vite, di anime, e degli affetti più sacri e più cari”. Ci sono però “tante famiglie povere che con dignità cercano di condurre la loro vita quotidiana”, confidando nella benedizione di Dio. Questo “non deve giustificare la nostra indifferenza”, semmai il fatto che “ci sia tanta povertà” deve aumentare la nostra vergogna. Il Pontefice ha quindi invitato a non cedere “al ricatto” della violenza e del denaro, rinunciando agli affetti familiari: “una nuova etica civile arriverà soltanto quando i responsabili della vita pubblica riorganizzeranno il legame sociale a partire dalla lotta alla spirale perversa tra famiglia e povertà, che ci porta nel baratro”.
Occorre guardarsi da un’economia come quella odierna che “si è spesso specializzata nel godimento del benessere individuale”, praticando “largamente” lo sfruttamento dei legami familiari e cadendo in “una contraddizione”: ma il “lavoro della famiglia non è quotato nei bilanci!” La questione non è solo di pane, bensì anche di istruzione, di sanità. Lo evidenziano quei bambini, “denutriti e malati” o “privi di tutto”, a cui brillano gli occhi pur stando “in scuole fatte di niente”, che “mostrano con orgoglio la loro matita e il loro quaderno” o guardano “con amore il loro maestro o la loro maestra”. Essi “lo sanno che l’uomo non vive di solo pane! Anche l’affetto famigliare; quando c’è la miseria i bambini soffrono, perché loro vogliono l’amore, i legami familiari”. Di qui l’esortazione a “noi cristiani” ad essere “sempre più vicini alle famiglie che la povertà mette alla prova”, invitando a pensare ai tanti papà o alle tante mamme senza lavoro, la cui “famiglia soffre”. E che dire del “danno causato alla famiglia da pseudo-modelli”, diffusi dai mass-media e “basati sul consumismo e il culto dell’apparire, che influenzano i ceti sociali più poveri e incrementano la disgregazione dei legami familiari”. La Chiesa “è madre” e per questo “non deve dimenticare questo dramma dei suoi figli”: una Chiesa povera “per diventare feconda e rispondere a tanta miseria (…) nello stile di vita dei suoi membri – per abbattere ogni muro di separazione, soprattutto dai poveri”.
Domenica 7 giugno, all’Angelus ha riflettuto sulla solennità del Corpus Domini, ricordando che l’Eucaristia è per la Chiesa “scuola di carità e di solidarietà”. Qui c’è un pane che ha la funzione di “rendere presente la Persona di Gesù in mezzo alla comunità dei credenti”. Ma è anche sintesi di un’esistenza offerta per la salvezza dell’umanità ed un invito a prendervi parte: “quando prendiamo e mangiamo quel Pane, noi veniamo associati alla vita di Gesù, entriamo in comunione con Lui, ci impegniamo a realizzare la comunione tra di noi, a trasformare la nostra vita in dono, soprattutto ai più poveri”. E’ poi un invito alla conversione e al servizio, all’amore e al perdono: “il Cristo, che ci nutre sotto le specie consacrate del pane e del vino, è lo stesso che ci viene incontro negli avvenimenti quotidiani; è nel povero che tende la mano, è nel sofferente che implora aiuto, è nel fratello che domanda la nostra disponibilità e aspetta la nostra accoglienza. E’ nel bambino che non sa niente di Gesù, della salvezza, che non ha la fede; è in ogni essere umano, anche il più piccolo e indifeso”.
Gian Paolo Cassano
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