LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Il matrimonio “non si improvvisa”: è “un’alleanza d’amore tra l’uomo e la donna”. Lo ha insegnato il Papa, continuando al catechesi sulla famiglia nell’udienza generale di mercoledì 27 maggio, mettendo in guardia dalla cultura dell’usa e getta che mina le basi del matrimonio come patto per tutta la vita. Parlando in particolare del fidanzamento, Francesco ha sottolineato che questo ha a che vedere con la fiducia e la libertà.
Il fidanzamento, infatti, è “un cammino” nel quale un uomo e una donna sono “chiamati a fare un bel lavoro sull’amore, un lavoro partecipe e condiviso”, di “apprendimento” che non va sottovalutato. “L’alleanza d’amore tra l’uomo e la donna, alleanza per la vita, non si improvvisa, non si fa da un giorno all’altro. Non c’è il matrimonio express: bisogna lavorare sull’amore, bisogna camminare. L’alleanza dell’amore dell’uomo e della donna si impara e si affina. Mi permetto di dire che è un’alleanza artigianale. Fare di due vite una vita sola, è anche quasi un miracolo, un miracolo della libertà e del cuore, affidato alla fede”. E’ un tempo importante: “chi pretende di volere tutto e subito, poi cede anche su tutto – e subito – alla prima difficoltà (o alla prima occasione). Non c’è speranza per la fiducia e la (dice felicità) fedeltà del dono di sé, se prevale l’abitudine a consumare l’amore come una specie di ‘integratore’ del benessere psico-fisico. L’amore non è questo!”
Come non pensare alla Bibbia, quando Osea per parlare dell’amore di Dio per il suo Popolo ricorre all’immagine del fidanzamento ? Poi l’invito, specie ai giovani, a leggere i “Promessi Sposi” definito un “capolavoro sul fidanzamento”. Ora la Chiesa custodisce la “distinzione tra l’essere fidanzati e l’essere sposi” e sottolinea che “i simboli forti del corpo detengono le chiavi dell’anima” e “non si possono dunque trattare i legami della carne con leggerezza, senza aprire qualche durevole ferita nello spirito”, anche se “la cultura e la società odierna sono diventate piuttosto indifferenti alla delicatezza e alla serietà di questo passaggio.”
Di qui l’importanza dei corsi prematrimoniali che danno l’opportunità di “riflettere sulla propria esperienza in termini non banali”: perciò “va rivalutato il fidanzamento come tempo di conoscenza reciproca e di condivisione di un progetto. Il cammino di preparazione al matrimonio va impostato in questa prospettiva, avvalendosi anche della testimonianza semplice ma intensa di coniugi cristiani”. Infine, l’invito di cuore ai futuri sposi a vivere bene il tempo che precede il matrimonio perché “può diventare davvero un tempo di iniziazione (…) alla sorpresa dei doni spirituali con i quali il Signore, tramite la Chiesa, arricchisce l’orizzonte della nuova famiglia che si dispone a vivere nella sua benedizione”.
All’Angelus domenica 31 maggio (solennità della S. S. Trinità) ha esortato a vivere “gli uni con gli altri”, ad “accogliere la bellezza del Vangelo” imparando “a chiedere e a concedere il perdono”.
La Festa ci ricorda il mistero dell’unico Dio in tre Persone divine (il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo) che sono “una con l’altra, una per l’altra, una nell’altra”, rinnovando in noi “la missione di vivere la comunione con Dio e tra noi sul modello di quella trinitaria”.
Infatti “siamo chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli altri, ma gli uni con gli altri, per gli altri, e negli altri. Questo significa accogliere e testimoniare concordi la bellezza del Vangelo; vivere l’amore reciproco e verso tutti, condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere e concedere il perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei Pastori”.
Di qui “il compito di edificare comunità ecclesiali che siano sempre più famiglia, capaci di riflettere lo splendore della Trinità e di evangelizzare non solo con le parole, ma con la forza dell’amore di Dio che abita in noi”.
La Trinità è “il fine ultimo verso cui è orientato il nostro pellegrinaggio terreno”. Per questo occorre “tenere sempre alto il ‘tono’ della nostra vita, ricordandoci per quale fine, per quale gloria noi esistiamo, lavoriamo, lottiamo, soffriamo; e a quale immenso premio siamo chiamati”.
Gian Paolo Cassano
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