La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Uomini e quelle donne che “con la testimonianza della loro esistenza riflettono un raggio” dell’amore “perfetto, pieno, incontaminato” di Cristo. Sono i martiri, di ieri e di oggi, su cui nel Triduo e a Pasqua il Papa si è particolarmente fermato a riflettere. Nell’Udienza di mercoledì 1 aprile, svolgendo la sua catechesi sul Triduo Pasquale, ha citato l’esempio di don Andrea Santoro, sacerdote della diocesi di Roma e missionario in Turchia, assassinato nel 2006 a Trebisonda che diceva che “si diventa capaci di salvezza solo offrendo la propria carne”. Sono un incoraggiamento “nell’offrire la nostra vita come dono d’amore ai fratelli, ad imitazione di Gesù”. E’ l’insegnamento del Signore che esprime “il senso della sua vita e della sua passione, quale servizio a Dio e ai fratelli”. Di qui l’invito, a partire del nostro Battesimo a fare “comunione con Cristo Servo per obbedire al suo comandamento”, ad “amarci come Lui ci ha amato (….) E’ il servizio di Gesù che dona sé stesso, totalmente (….) E’ un servizio, servizio della testimonianza cristiana fino al sangue, servizio che ci ha fatto Cristo: ci ha redento fino alla fine”. Alla fine della nostra vita, con i nostri peccati ma anche il nostro amore per il prossimo potremo dire al Padre: “ho fatto tutto quello che ho potuto fare”, per ripetere le parole di Gesù: “E’ compiuto”. Nel Sabato Santo la Chiesa contempla il “riposo” di Cristo nella tomba “dopo il vittorioso combattimento della croce” e si identifica con Maria. “Tutta la sua fede è raccolta in Lei, la prima e perfetta discepola, la prima e perfetta credente. Nell’oscurità che avvolge il creato, Ella rimane sola a tenere accesa la fiamma della fede, sperando contro ogni speranza nella Risurrezione di Gesù”. Con Gesù che vince la morte – e noi con lui – si apre dunque “un presente pieno di futuro”. Infatti “la nostra vita non finisce davanti alla pietra di un Sepolcro, la nostra vita va oltre con la speranza al Cristo che è risorto proprio da quel Sepolcro. Come cristiani siamo chiamati ad essere sentinelle del mattino, che sanno scorgere i segni del Risorto, come hanno fatto le donne e i discepoli accorsi al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana”.
Riflettendo nel corso della Via crucis del venerdì santo 3 aprile il Papa ha letto nel Cristo sfigurato e straziato le crudeltà del nostro cuore e nel suo patire lungo la Via della Passione quello di quanti sono abbandonati dai familiari e dalla società, “sfigurati dalla nostra negligenza e dalla nostra indifferenza”. Sono state preghiere a Cristo, che in sé porta anche il dolore di oggi: “in Te, Divino Amore, vediamo ancora oggi i nostri fratelli perseguitati, decapitati e crocifissi per la loro fede in te, sotto i nostri occhi o spesso con il nostro silenzio complice”. Ha chiesto poi al Signore che ci porti “a pentirci per i nostri peccati che ti hanno crocifisso. Portaci a trasformare la nostra conversione fatta di parole, in conversione di vita e di opere … Ravviva in noi la speranza che non si smarrisca seguendo le seduzioni del mondo. Custodisci in noi la carità che non si lasci ingannare dalla corruzione e dalla mondanità”.
Nel Messaggio Urbi et Orbi nel giorno di Pasqua (5 aprile) ha ricordato che con Gesù Risorto “l’amore ha sconfitto l’odio, la vita ha vinto la morte, la luce ha scacciato le tenebre”: per questo, in un mondo che “propone di imporsi a tutti costi”, occorre “non cedere all’orgoglio” che alimenta violenza e guerre, ma avere il “coraggio umile” del perdono e della pace. Chiaro il riferimento ai cristiani perseguitati, perché siano alleviate le loro sofferenze “come pure di tutti coloro che patiscono ingiustamente le conseguenze dei conflitti e delle violenze in corso. Ne sono tante”. Il pensiero è andato alla Siria e all’Iraq, alla Terra Santa, alla Libai, allo Yemen, all’Iran (con l’intesa sul nucleare), alla Nigeria, al Sud Sudan, al Sudan alla Repubblica Democratica del Congo, al Kenia (per la strage dell’Università di Garissa), all’Ucraina… Il Papa ha poi chiesto pace e libertà per i tanti uomini e donne “soggetti a nuove e vecchie forme di schiavitù da parte di persone e organizzazioni criminali” e “per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi, che guadagnano col sangue degli uomini e delle donne”. E la pace del Signore che ci assicura di rimanere “sempre” con noi giunga agli emarginati, ai carcerati, ai poveri e ai migranti “che tanto spesso sono rifiutati, maltrattati e scartati”, ai malati e ai sofferenti, ai bambini e specialmente a quelli che “subiscono violenza”, a quanti “sono nel lutto” e agli uomini e alle donne “di buona volontà”. A tutti Gesù con la sua morte e risurrezione indica “la via della vita e della felicità”: la via è “l’umiltà, che comporta l’umiliazione” della morte sulla croce. Solo chi si umilia può andare “verso Dio”, perché “l’orgoglioso guarda dall’alto in basso, l’umile guarda dal basso in alto”.
E ancora ai cristiani perseguitati è andato il pensiero e la preghiera del Papa al Regina Coeli del Lunedì dell’Angelo (6 aprile), denunciando (come aveva fatto alla Via Crucia del Colosseo) il “silenzio complice” nello strazio causato dalla spietata caccia all’uomo anticristiana scatenata in troppe parti del mondo, per scuotere da un generale immobilismo chi potrebbe fare qualcosa per proteggere i cristiani perseguitati. L’occasione è stata data presenza del Movimento “Shalom“, giunto “all’ultima tappa della staffetta solidale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo”. Sono essi “i nostri martiri di oggi e sono tanti; possiamo dire che siano più numerosi che nei primi secoli. Auspico che la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la comunità internazionale non rivolga lo sguardo da un’altra parte”. Poi Francesco ha chiesto per tre volte ai presenti di ripetere la madre di tutte le notizie, “Cristo è Risorto”, un annuncio che “dovrebbe trasparire sul nostro volto, nei nostri sentimenti e atteggiamenti, nel modo in cui trattiamo gli altri”. Lo facciamo “quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a  chi è triste e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità”. Infatti “la Pasqua è l’evento che ha portato la novità radicale per ogni essere umano, per la storia e per il mondo: è il trionfo della vita sulla morte; è festa di risveglio e di rigenerazione. Lasciamo che la nostra esistenza sia conquistata e trasformata dalla Risurrezione!”
Gian Paolo Cassano

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