La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Dieci ore è durato il viaggio del Papa a Napoli sabato scorso 21 marzo: ore molte intense caratterizzate dall’affetto gioioso della popolazione. Egli si è immerso in profondità nella realtà partenopea, a cominciare degli ultimi, come quelli del quartiere di Scampia o del carcere di Poggioreale.
A Scampia Francesco si è richiamato all’animo caldo di questa città, alla voglia di guardare al futuro tipica di tanti napoletani, ma anche alla legalità, perché da qui vuole partire un messaggio che va ben al di là del dei luoghi comuni di questa città: “chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza. Lo ruba a sé stesso e a tutti, a tanta gente onesta e laboriosa, alla buona fama della città, alla sua economia”. Ai migranti ha ricordato il valore della parola di Gesù: essi non “sono umani di seconda classe”, ma “cittadini (…) figli di Dio, che sono migranti come noi, perché tutti noi siamo migranti verso un’altra patria,  tutti siamo in cammino”. Ora “se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione! Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti, nessuno di noi può dire: io mai sarò corrotto. (…) la corruzione ‘spuzza’! E la società corrotta ‘spuzza’!” Così emerge il dramma della disoccupazione, qui particolarmente forte: “il problema più grave è non avere la possibilità di portare il pane a casa, di guadagnarlo! E quando non si guadagna il pane, si perde la dignità!”
A pranzo nel carcere di Poggioreale ha rivolto parole di affetto e di speranza, ricordando che neanche le sbarre di un carcere possono separarci dall’amore di Dio! “L’unica cosa che ci può separare da Dio è il nostro peccato” che però se riconosciuto e confessato “con pentimento sincero, proprio quel peccato diventa luogo di incontro con Lui”. Francesco ha scritto di conoscere le “situazioni dolorose” dei carcerati, attraverso le lettere che gli giungono dai penitenziari di tutto il mondo: “capita di sentirsi delusi, sfiduciati, abbandonati da tutti, ma Dio non si dimentica dei suoi figli, non li abbandona mai! Egli è sempre al nostro fianco, specialmente nell’ora della prova.” E “questa è una certezza che infonde consolazione e speranza, specialmente nei momenti difficili e tristi”.
Era iniziata presto la sua 8° visita pastorale in Italia, dal Santuario di Pompei, dove ha venerato l’immagine della Madonna del Rosario e recitato la piccola supplica, consegnando alla Madonna “le nostre miserie, le tante strade dell’odio e del sangue, le mille antiche e nuove povertà e soprattutto il peccato”.
Momento centrale della sua visita è stata l’Eucaristia celebrata nella straordinaria cornice di Piazza Plebiscito. “Napoli – ha detto il Papa – sia piena della speranza di Cristo Signore” perché “ha tante potenzialità spirituali, culturali e umane, e soprattutto tanta capacità di amare”. La città non deve ripiegarsi nella rassegnazione ma “aprirsi con fiducia per costruire un futuro migliore”.  Di qui l’incoraggiamento: “cari napoletani non lasciatevi rubare la speranza ! Non cedete alle lusinghe di facili guadagni o di redditi disonesti: questo è pane per oggi e fame per domani. Non ti può portare niente! Reagite con fermezza alle organizzazioni che sfruttano e corrompono i giovani, i poveri e i deboli, con il cinico commercio della droga e altri crimini. Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate che la vostra gioventù sia sfruttata da questa gente! La corruzione e la delinquenza non sfigurino il volto di questa bella città! E di più: non sfigurino la gioia del vostro cuore napoletano! Ai criminali e a tutti i loro complici oggi io umilmente, come fratello, ripeto: la Chiesa ripete: convertitevi all’amore e alla giustizia”. Parole forti che hanno fatto breccia nei cuori, anche per chi ha sbagliato, perché “con la grazia di Dio, che perdona tutto e perdona sempre, è possibile ritornare a una vita onesta,” perché le lacrime delle madri napoletane, “mescolate con quelle di Maria (…), sciolgano la durezza dei cuori e riconducano tutti sulla via del bene”. Un abbraccio a Napoli radicato in Gesù, l’unica Persona “che può guarire le ferite del nostro cuore”, perché la sua parola “è potente: non ha la potenza del mondo, ma quella di Dio, che è forte nell’umiltà, anche nella debolezza. La sua potenza è quella dell’amore: questa è la potenza della parola di Dio! Un amore che non conosce confini, un amore che ci fa amare gli altri prima di noi stessi. La parola di Gesù, il santo Vangelo, insegna che i veri beati sono i poveri in spirito, i non violenti, i miti, gli operatori di pace e di giustizia. Questa è la forza che cambia il mondo”. Per concludere con l’’invito a tutti di “scommettere sulla misericordia di Dio” !
Francesco ha anche incontrato il clero e i religiosi locali, alla presenza anche delle claustrali della diocesi; ha quindi venerato le reliquie di San Gennaro e qui si è verificato l’evento della liquefazione del sangue del patrono della città. Di fronte all’evento ha invitato a compiere un cammino di conversione e a mettere Gesù al “centro della vita”, perché “il cammino nella vita consacrata è andare nella sequela di Gesù; anche la vita consacrata in genere, anche per i sacerdoti: andare dietro a Gesù e con voglia di lavorare per il Signore”. La strada è quella di andare oltre le chiacchiere, che “distruggono” perché “quello che chiacchiera è un terrorista che butta una bomba, distrugge e lui è fuori”. Il Papa ha parlato dello spirito di povertà, “che non è lo spirito di miseria”: così “quando nella Chiesa entra l’affarismo, sia nei sacerdoti che nei religiosi, è brutto, brutto”. Poi ha invitato a prestare attenzione al pericolo “della mondanità”, a “vivere con lo spirito del mondo che Gesù non voleva”, raccomandando l’adorazione del Signore, l’amore per la “sposa” di Gesù, cioè la Chiesa (che “non è una ong”) e lo zelo apostolico, la missionarietà: occorre uscire da se stessi “per andare fuori” a predicare la rivelazione di Cristo.
Nella Basilica del Gesù Nuovo, in preghiera davanti alla tomba di Giuseppe Moscati, il medico santo, ha incontrato i malati dicendo: “chiedo al Signore che vi faccia capire nel cuore che siete la carne di Cristo, che siete Cristo Crocifisso fra noi, che siete i fratelli molto vicini a Cristo”.
Infine il bagno di folla, in una grande festa sul lungomare Caracciolo, ultimo atto che ha visto Francesco un po’ stanco ma felice conversare con famiglie, giovani e anziani. Qui ha ripetuto ancora il suo “no” alla cultura dello scarto in particolar modo nei confronti degli anziani. E’ tornato a condannare la colonizzazione ideologica della “teoria del gender” perché su essa si fa tanta “confusione”. Poi, un consiglio alle tante famiglie: “litigate quanto volete. Ma non finite la giornata senza fare la pace. Siete in due: ‘io’ non è molto valido nel matrimonio, ma il ‘noi’. Ma anche è vero quello che si dice dei matrimoni: gioia in due, tre volte gioia. Pena, dolore in due, metà pena, metà dolore”.
Gian Paolo Cassano

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