La Parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

La santità, un cammino aperto a tutti; ne ha riflettuto il Pontefice, nel corso dell’udienza generale di mercoledì 19 novembre. La santità non è mai una questione di nicchie sugli altari e nuvole di incenso, perché i santi sono donne e uomini con le maniche rimboccate e la schiena piegata verso i più poveri dei poveri.
“Ogni stato di vita porta alla santità” e santo lo può diventare chiunque e lo si può diventare dovunque, come ben insegna il Concilio Vaticano, parlando della santità come una “vocazione universale” e non “riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera”. Si diventa santi “vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno”.
Sei consacrato ? Vivi “con gioia la tua donazione”. Sei sposato? “Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie” come Gesù “ha fatto con la Chiesa”. Ognuno deve sentirsi coinvolto: “lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te. Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità”.
La santità “è il volto più bello della Chiesa”, perché ci chiama “a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto”. Ciò vuol dire che non si tratta di compiere un atto grandioso in circostanze straordinarie, ma è il piccolo gesto di tutti i giorni fatto con amore. Come ad esempio, ascoltare il figlio, seppure stanchi da lavoro: “tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi, finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità”. Su questi gesti Dio si innesta con la sua “grazia” perché la santità è sempre un suo “dono” e non è mai un percorso che si fa “da soli”, “ma si percorre insieme in quell’unico corpo che è la Chiesa”.
Ha poi anche espresso la preoccupazione per “l’allarmante aumento della tensione a Gerusalemme e in altre zone della Terra Santa, con episodi inaccettabili di violenza “che non risparmiano neanche i luoghi di culto”, invitando a prendere “decisioni coraggiose per la riconciliazione e la pace. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento!”
Domenica 23 novembre ha presieduto in piazza San Pietro la S. Messa con rito di canonizzazione degli italiani Giovanni Antonio Farina, Ludovico da Casoria, Nicola da Longobardi, Amato Ronconi e degli indiani Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia ed Eufrasia Eluvathingal del S. Cuore.
Sono modelli che, “proprio mediante le opere di una generosa dedizione a Dio e ai fratelli, hanno servito, ognuno nel proprio ambito, il regno di Dio e ne sono diventati eredi”. Ognuno di loro “ha risposto con straordinaria creatività al comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. Si sono dedicati senza risparmio al servizio degli ultimi, assistendo indigenti, ammalati, anziani, pellegrini. La loro predilezione per i piccoli e i poveri era il riflesso e la misura dell’amore incondizionato a Dio.” Riferendosi alla solennità di Cristo Re, ha ricordato come Gesù non sia “un re alla maniera di questo mondo: per Lui regnare non è comandare, ma obbedire al Padre, consegnarsi a Lui, perché si compia il suo disegno d’amore e di salvezza. Così c’è piena reciprocità tra il Padre e il Figlio. Dunque il tempo del regno di Cristo è il lungo tempo della sottomissione di tutto al Figlio e della consegna di tutto al Padre”. Il Vangelo “ci ricorda che la vicinanza e la tenerezza sono la regola di vita anche per noi”, e su questo saremo giudicati: questo “sarà il protocollo del nostro giudizio”. Infatti “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza verso i fratelli. Da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel regno di Dio, la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Gesù, con la sua vittoria, ci ha aperto il suo regno, ma sta a ciascuno di noi entrarvi, già a partire da questa vita – il regno incomincia adesso – facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestito, accoglienza, solidarietà, catechesi. E se veramente ameremo quel fratello o quella sorella, saremo spinti a condividere con lui o con lei ciò che abbiamo di più prezioso, cioè Gesù stesso e il suo Vangelo”.
All’Angelus il Papa si è soffermato sull’esempio dei quattro Santi italiani, nati in provincia di Vicenza, Napoli, Cosenza e Rimini, perché “aiuti il caro popolo italiano a ravvivare lo spirito di collaborazione e di concordia per il bene comune e a guardare con speranza al futuro, in unità, confidando nella vicinanza di Dio che mai abbandona, anche nei momenti difficili”.
Così, per l’intercessione dei due Santi indiani, provenienti dal Kerala, “grande terra di fede e di vocazioni sacerdotali e religiose” Dio “conceda un nuovo impulso missionario alla Chiesa che è in India – che è tanto brava – affinché ispirandosi al loro esempio di concordia e di riconciliazione, i cristiani dell’India proseguano nel cammino della solidarietà e della convivenza fraterna”.
Gian Paolo Cassano

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