Un “eroico testimone del Vangelo”; così ha definito il Papa padre Francesco Zirano (Frate Minore Conventuale), martirizzato in Algeria nel 1603, che domenica scorsa 12 ottobre è stato proclamato beato a Sassari, presieduta dal card. Angelo Amato (prefetto della Congregazione per le cause dei santi), con mons. Paolo Atzei (arcivescovo di Sassari), con mons Angelo Becciu (sostituto alla segreteria di Stato) e mons. Ghaleb Moussa Abdalla Bader (arcivescovo di Algeri) che ha portato in dono un sacchetto di terra proveniente da Algeri “irrigata dal sangue del nostro nuovo beato, per il quale anche la comunità algerina è raccolta in preghiera, in comunione con quella di Sassari”. Il suo sacrificio è stato “un atto di grande eloquenza – ha detto ancora il Pontefice – specialmente nell’attuale contesto di spietate persecuzioni contro i cristiani”.
“Padre Zirano – ha detto il Vescovo di Sassari – ha imitato perfettamente Gesù Cristo, il suo martirio rimasto a lungo nel silenzio è finalmente celebrato come testimonianza dell’incrollabile forza di identità cristiana e della generosità straordinaria di chi ha donato la vita per la fede e per il prossimo”.
E’ un martire di 400 anni fa che parla ancora oggi; era nato a Sassari nel 1564, in una famiglia contadina di profonda fede con una grande devozione mariana; entrò nell’Ordine francescano dei Frati Minori Conventuali e a 22 anni è sacerdote. Quando, nel 1590 un suo cugino e confratello, p. Francesco Serra, venne catturato dai saraceni e condotto schiavo ad Algeri, raccolse, percorrendo tutta la Sardegna, il denaro per il riscatto e partì per l’Algeria nel tentativo di liberare il cugino e altri cristiani. Ma venne arrestato e condannato a morte senza alcun processo. Alla proposta di abiura, rifiutò decisamente dicendo: “sono cristiano e religioso del mio padre San Francesco e come tale desidero morire. E supplico Dio che vi illumini affinché lo conosciate”. Venne ucciso (scorticato vivo) in odio alla fede il 25 gennaio del 1603: aveva 39 anni.
“Padre Francesco – ha detto il card. Amato- si sottopose al supplizio, come un mite agnello, invocando il nome di Gesù, della Madonna e recitando i Salmi. Secondo la narrazione di testi oculari, il nostro martire morì sfinito dalla tortura, gridando al Signore di accogliere il suo spirito. La sua pelle, imbottita di paglia, fu esposta alla pubblica profanazione presso una porta della città”.
Padre Serra, venne poi liberato e diede degna sepoltura alle spoglie del cugino. “Ancora oggi – aggiunge il prefetto della Congregazione dei Santi – è questo l’atteggiamento dei cristiani di fronte alla persecuzione e al martirio che quotidianamente si abbatte, anche in questo nostro ventunesimo secolo, sulla Chiesa e sui cristiani. Il Beato Francesco ci aiuti a pregare e a perdonare, ma non a dimenticare. Non si devono più ripetere tali eventi disumani”.
Gian Paolo Cassano
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