LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
“Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”: è questo il messaggio che Papa Francesco ha lasciato agli oltre 300.000 (studenti, docenti, famiglie) all’evento promosso dalla CEI e che ha coinvolto tutte le scuole italiane, nel pomeriggio di sabato 10 maggio. Tante le testimonianze, di coraggio e di difficoltà del mondo della scuola, ascoltate dal Papa prima del suo discorso: “si vede che questa manifestazione non è ‘contro’, è ‘per’! (…) voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola”. “E’ sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere”, ha detto il Papa, ricordando il legame duraturo con la sua maestra, identificando tre elementi costitutivi della scuola: l’apertura alla realtà, l’incontro, l’educazione al vero, al bene e al bello !
La scuola “è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione”; per questo “non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà”. Ha inviato poi gli insegnanti ad essere “i primi che devono rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta a imparare!” Quindi, ha mostrato la scuola come “luogo di incontro”, che vive “nel cammino” e “non” come “un parcheggio”, ma “come complemento alla famiglia”, in cui incontrare, conoscere, amare: incontrando “persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capacità differenti”. E’ la prima società che integra la famiglia: “la famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino”. Quindi, il Pontefice ha guardato alla scuola che educa al vero, al bene e al bello, sottolineando che l’educazione non può essere neutra: “o è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla”. E’ questa “la missione della scuola: (…) sviluppare il senso del vero, del bene e del bello”, che “non sono mai dimensioni separate ma sempre intrecciate”, cosicché “questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita e ci apre alla pienezza della vita!”
Mercoledì 7 maggio, nell’udienza generale, ha continuato la catechesi sui doni dello Spirito Santo parlando del “consiglio”: “è il dono con cui lo Spirito Santo rende capace la nostra coscienza di fare una scelta concreta in comunione con Dio, secondo la logica di Gesù e del suo Vangelo. In questo modo, lo Spirito ci fa crescere interiormente, ci fa crescere positivamente, ci fa crescere nella comunità e ci aiuta a non cadere in balia dell’egoismo e del proprio modo di vedere le cose”. Ora la chiave che apre la porta del consiglio di Dio è una e una sola: la preghiera con cui “facciamo spazio perché lo Spirito venga e ci aiuti in quel momento, ci consigli su quello che tutti noi dobbiamo fare. La preghiera! Mai dimenticare la preghiera, mai! Nessuno, nessuno se ne accorge quando noi preghiamo nel bus, sulla strada: preghiamo in silenzio, col cuore, approfittiamo di questi momenti per pregare. Pregare perché lo Spirito ci dia questo dono del consiglio”. Pregare è come regolare una “sintonia profonda, quasi connaturale” con lo Spirito Santo. Poi ha rievocato un episodio accadutogli anni fa mentre si trovava nel Santuario della Madonna di Lujan, quando un ragazzo gli confidò di avere un problema grande e di aver seguito, per risolverlo, il suggerimento della madre: “ecco una donna che aveva il dono del consiglio. Non sapeva come uscire dal problema del figlio, ma ha indicato la strada giusta: ‘Vai dalla Madonna e lei ti dirà’. (…) Questo è il dono del consiglio. Quella donna umile, semplice, ha dato al figlio il consiglio più vero.”
Domenica 11 maggio, al Regina Coeli, dopo la Messa per l’ordinazione di 13 sacerdoti, nella Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, il Papa ha sottolineato che “la chiamata a seguire Gesù è nello stesso tempo entusiasmante e impegnativa”: perché si realizzi “è necessario sempre entrare in profonda amicizia con il Signore per poter vivere di Lui e per Lui”. Ha quindi evidenziato come il rapporto di Gesù, Buon Pastore con i suoi discepoli sia “il modello delle relazioni tra i cristiani e delle relazioni umane”. Capita che oggi, molti “come ai tempi di Gesù, si propongono come ‘pastori’ delle nostre esistenze; ma solo il Risorto è il vero Pastore, che ci dà la vita in abbondanza. Invito tutti ad avere fiducia nel Signore che ci guida. Ma non solo ci guida, ci accompagna, cammina con noi. Ascoltiamo con mente e cuore aperti la sua Parola, per alimentare la nostra fede, illuminare la nostra coscienza e seguire gli insegnamenti del Vangelo”. Di qui l’invito ai fedeli ad aiutare i vescovi e i sacerdoti “ad essere buoni pastori”. Prendendo spunto da uno scritto di San Cesario d’Arles che paragona il Popolo di Dio ad un vitellino che ha fame e vuole il latte dalla madre, ha aggiunto: “e cosa fa il vitellino? Bussa col suo naso alla mammella della mucca, perché venga il latte. E’ bella l’immagine! Così voi – dice questo santo – dovete essere con i pastori: bussare sempre alla loro porta, al loro cuore, perché vi diano il latte della dottrina, il latte della grazia e il latte della guida”. Vi chiedo, per favore, di importunare i pastori, disturbare i pastori, a tutti noi pastori, perché noi diamo a voi il latte della grazia, della dottrina e della guida. Importunare!”.
Gian Paolo Cassano
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