LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
L’intelletto: è stato questo il tema delle catechesi nell’udienza generale di mercoledì 30 aprile, parlando dei doni dello Spirito Santo. È la grazia dell’intelletto che permette alle persone di fede di leggere e comprendere ogni cosa con gli occhi e il cuore di Dio. Se per capire le cose della vita usiamo l’intelligenza, per comprendere quelle di Dio abbiamo bisogno dell’“intelletto” che, rispetto all’intelligenza è una “grazia” divina che suscita nel cristiano “la capacità di andare al di là dell’aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del pensiero di Dio e del suo disegno di salvezza”. E’ “questo dono” che “ci fa capire le cose come le capì Dio, come le capisce Dio, con l’intelligenza di Dio. Perché uno può capire una situazione con l’intelligenza umana, con prudenza, e va bene. Ma, capire una situazione in profondità, come le capisce Dio, è l’effetto di questo dono. E Gesù ha voluto inviarci lo Spirito Santo perché noi abbiamo questo dono, perché tutti noi possiamo capire le cose come Dio le capisce, con l’intelligenza di Dio. E’ un bel regalo che il Signore ha fatto a tutti noi”. Ora, “quando lo Spirito Santo abita nel nostro cuore e illumina la nostra mente ci fa crescere giorno dopo giorno nella comprensione di quello che il Signore ha detto e ha compiuto”, cosicché uno può “capire gli insegnamenti di Gesù, capire la sua Parola, capire il Vangelo, capire la Parola di Dio. Uno può leggere il Vangelo e capire qualcosa, ma se noi leggiamo il Vangelo con questo dono dello Spirito Santo possiamo capire la profondità delle parole di Dio. E questo è un gran dono, un gran dono che tutti noi dobbiamo chiedere e chiedere insieme: Dacci, Signore, il dono dell’intelletto”. Un dono che permette di capire anche le cose della vita, ma dal punto di vista di Dio, come è successo ai discepoli di Emmaus. “E questo è quello che fa lo Spirito Santo con noi: ci apre la mente, ci apre per capire meglio, per capire meglio le cose di Dio, le cose umane, le situazioni, tutte le cose. E’ importante il dono dell’intelletto per la nostra vita cristiana. Chiediamolo al Signore, che ci dia, che ci dia a tutti noi questo dono per capire, come capisce Lui, le cose che accadono e per capire, soprattutto, la Parola di Dio nel Vangelo”.
Sabato 3 maggio, nell’udienza speciale per l’Azione Cattolica, il Papa ha affidato ai membri dell’Associazione, che concludevano la XV Assemblea nazionale, tre impegni che si riassumono in tre verbi: rimanere, andare, gioire. Riflettendo sul tema (dell’Assemblea di AC) “Persone nuove in Cristo Gesù, corresponsabili della gioia di vivere”, ha spiegato come la gioia sia una gioia da “discepoli”, che “richiede di essere interiorizzata, dentro uno stile evangelizzatore capace di incidere nella vita”.
Questo riguarda “anzitutto le parrocchie, specialmente quelle segnate da stanchezza e chiusure – e ce ne sono tante, parrocchie stanche, parrocchie chiuse (…) Si tratta di assumere il dinamismo missionario per arrivare a tutti, privilegiando chi si sente lontano e le fasce più deboli e dimenticate della popolazione. Si tratta di aprire le porte e lasciare che Gesù possa andare fuori. Tante volte abbiamo Gesù chiuso nelle parrocchie con noi, e noi non usciamo fuori e non lasciamo uscire fuori Lui! Aprire le porte perché Lui vada, almeno! Si tratta di una Chiesa in uscita: sempre Chiesa in uscita”. Un dinamismo che si esprime anzitutto con il verbo “rimanere, con Gesù, a godere della sua compagnia”, perché per “essere annunciatori e testimoni di Cristo occorre rimanere anzitutto vicini a Lui”. Solo così è possibile passare al “secondo verbo”, “andare”, cioè annunciare ovunque “che Dio è Padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere, e per questo la vostra vita è cambiata: (…) Ci sia in voi il desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini, rinnovando così il vostro impegno a incontrare l’uomo dovunque si trovi, lì dove soffre e spera, lì dove ama e crede, lì dove sono i suoi sogni più profondi, le domande più vere, i desideri del suo cuore. Lì vi aspetta Gesù”. Il terzo è un verbo dell’anima cristiana, il “gioire”, l’“esultare sempre” in Gesù ed “essere persone che cantano la vita, che cantano la fede”, capaci “di riconoscere i propri talenti e i propri limiti” e che “sanno vedere nelle proprie giornate, anche in quelle più buie, i segni della presenza del Signore”. Di qui il mandato: “con questi tre atteggiamenti (…) potrete portare avanti la vostra vocazione, ed evitare la tentazione della ‘quiete’, che non ha niente a che fare con il rimanere in Gesù; evitare la tentazione della chiusura e quella dell’intimismo, tanto edulcorata, disgustosa per quanto dolce è (…) E anche evitare la tentazione della serietà formale. Con questo rimanere in Gesù, andare ai confini, vivere la gioia evitando queste tentazioni, eviterete di portare avanti una vita più simile a statue da museo che a persone chiamate da Gesù a vivere e diffondere la gioia del Vangelo”.
Ancora sulla gioia, nell’incontro con il Signore, si è soffermato il Pontefice al Regina Coeli domenica 4 maggio: “le Scritture e l’Eucaristia sono gli elementi indispensabili per l’incontro con il Signore. Anche noi arriviamo spesso alla Messa domenicale con le nostre preoccupazioni, le nostre difficoltà e delusioni… La vita a volte ci ferisce e noi ce ne andiamo tristi, verso la nostra ‘Emmaus’, voltando le spalle al disegno di Dio. Ci allontaniamo da Dio”. La strada di Emmaus diventa così simbolo del nostro cammino di fede: ma ci accoglie la Liturgia della Parola: qui “Gesù ci spiega le Scritture e riaccende nei nostri cuori il calore della fede e della speranza e nella Comunione ci dà forza”. Il Papa ha poi esortato ad accogliere la Parola di Dio, a ricevere Gesù nell’Eucaristia: “ricordatelo bene: leggere ogni giorno un brano del Vangelo e le domeniche andare a fare la Comunione, a ricevere Gesù. Così è accaduto con i discepoli di Emmaus: hanno accolto la Parola; hanno condiviso la frazione del pane e da tristi e sconfitti che si sentivano sono diventati gioiosi. Sempre, cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio e l’Eucaristia ci riempiono di gioia”. Poi ha ribadito: “quando tu sei triste, qualcosa, prendi la Parola di Dio! Quando tu sei giù, prendi la Parola di Dio e va alla Messa della domenica a fare la Comunione, a partecipare del mistero di Gesù! Parola di Dio, Eucaristia: ci riempiono di gioia”.
Gian Paolo Cassano
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