LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
E’ stata dedicata al significato della passione di Gesù, la catechesi dell’udienza generale di mercoledì 16 aprile; “guardando Gesù nella sua passione noi vediamo come in uno specchio anche le sofferenze di tutta l’umanità e troviamo la risposta divina al mistero del male, del dolore, della morte”. Ma “tante volte avvertiamo orrore per il male e il dolore che ci circonda e ci chiediamo: «Perché Dio lo permette?». Infatti è una profonda ferita vedere la sofferenza e la morte, specialmente quella degli innocenti: (…) quando vediamo soffrire i bambini, è una ferita nel cuore. E’ il mistero del male. E Gesù prende tutto questo male, tutta questa sofferenza su di sé.” Di qui l’invito a “baciare le piaghe di Gesù, baciarle nel Crocifisso”.
Egli mostra “una vittoria umile che umanamente sembra un fallimento. E possiamo dire: Dio vince proprio nel fallimento. Il Figlio di Dio, infatti, appare sulla croce come uomo sconfitto: patisce, è tradito, vilipeso e infine muore. Gesù permette che il male si accanisca su di Lui e lo prende su di sé per vincerlo”.
E’ la “grande umiltà di Dio” che “è un mistero sconcertante”. Ma proprio “quando tutto sembra perduto” è “allora che interviene Dio con la potenza della risurrezione. La risurrezione di Gesù non è il finale lieto di una bella favola, non è l’happy end di un film ma è l’intervento di Dio Padre” là dove “s’infrange la speranza umana.”
Così per noi: “quando in certi momenti della vita non troviamo alcuna via di uscita alle nostre difficoltà, quando sprofondiamo nel buio più fitto, è il momento della nostra umiliazione e spogliazione totale, l’ora in cui sperimentiamo che siamo fragili e peccatori. È proprio allora, in quel momento, che non dobbiamo mascherare il nostro fallimento, ma aprirci fiduciosi alla speranza in Dio, come ha fatto Gesù”.
Domenica 20 aprile, nel giorno di Pasqua, nel Messaggio Urbi et Orbi, il Papa ha ricardato che “l’Amore è più forte, l’Amore dona vita, l’Amore fa fiorire la speranza nel deserto”, invocando la fine di ogni guerra e ostilità nel mondo e la consolazione per tutte le persone in sofferenza: “fa’ cessare ogni guerra – si è rivolto in preghiera a Gesù – ogni ostilità grande o piccola, antica o recente” e “le parti in causa non usino più la forza per seminare morte, soprattutto contro la popolazione inerme, ma abbiano l’audacia di negoziare la pace, ormai da troppo tempo attesa!” Ha chiesto che il Signore ci aiuti a sconfiggere “la piaga della fame”, aggravata da “conflitti” e da “immensi sprechi di cui siamo spesso complici”, a “proteggere gli indifesi”, specie “bambini”, “donne”, “anziani”, a volte sfruttati e abbandonati, affetti da “tante altre malattie”, diffuse “anche per l’incuria e la povertà estrema” e che consoli quanti sono lontani dai propri cari, “strappati (…) ai loro affetti”.
La risurrezione di Gesù “è la Buona Notizia per eccellenza, alla base della nostra fede e della nostra speranza”; infatti “se Cristo non fosse risorto, il Cristianesimo perderebbe il suo valore; tutta la missione della Chiesa esaurirebbe la sua spinta, perché è da lì che è partita e che sempre riparte”. E’ questo “il messaggio che i cristiani portano al mondo”, che cioè “in Gesù, l’Amore ha vinto sull’odio, la misericordia sul peccato, il bene sul male, la verità sulla menzogna, la vita sulla morte”. E dunque, “in ogni situazione umana segnata da fragilità, peccato e morte, la Buona Notizia non è soltanto una parola ma una testimonianza di amore gratuito e fedele”, perché “è uscire da sé per andare incontro all’altro, è stare vicino a chi è ferito dalla vita, è condividere con chi manca del necessario, è rimanere accanto a chi è malato o vecchio o escluso…”
Il lunedì dell’Angelo, al Regina Coeli, ha poi augurato che “lo stupore gioioso della Domenica di Pasqua si irradi nei pensieri, negli sguardi, negli atteggiamenti, nei gesti e nelle parole”. Di qui l’incoraggiamento a lasciare “che questa esperienza, impressa nel Vangelo, si imprima anche nei nostri cuori e traspaia nella nostra vita. Lasciamo che lo stupore gioioso della Domenica di Pasqua si irradi nei pensieri, negli sguardi, negli atteggiamenti, nei gesti e nelle parole…”. Questo non è un artifizio, “non è maquillage”, ma “viene da dentro, da un cuore immerso nella fonte di questa gioia, come quello di Maria Maddalena, che pianse per la perdita del suo Signore e non credeva ai suoi occhi vedendolo risorto”. Chi fa questa esperienza diventa testimone della Risurrezione “perché in un certo senso è risorto lui stesso, è risorta lei stessa. Allora è capace di portare un ‘raggio’ della luce del Risorto nelle diverse situazioni: in quelle felici, rendendole più belle e preservandole dall’egoismo; in quelle dolorose, portando serenità e speranza”.
E poi l’invito a prendere in mano il Libro del Vangelo “e leggere quei capitoli che parlano della Resurrezione di Gesù. Ci farà tanto bene! Prendere il Libro, cercare i capitoli e leggere quello”.
Gian Paolo Cassano
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