LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
“Il sacerdote, il vescovo, il diacono deve pascere il gregge del Signore con amore. Se non lo fa con amore, non serve. E in tal senso, i ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù: se lo fanno col potere dello Spirito Santo, in nome di Dio e con amore”.
Così’ si è espresso il Papa nell’udienza generale di mercoledì 26 marzo, dedicata al sacramento dell’Ordine
E’ l’amore infatti la regola del sacerdozio, a ogni ordine e grado, restando uniti a Cristo in modo indissolubile, in azioni, parole, sentimenti; in caso contrario “si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio” e anche “la gioia” che viene dall’essere in comunione con Cristo.
“Il vescovo che non prega, il vescovo che non sente e ascolta la Parola di Dio, che non celebra tutti i giorni, che non va a confessarsi regolarmente – e lo stesso sacerdote che non fa queste cose – alla lunga perdono l’unione con Gesù e loro diventano di una mediocrità che non fa bene alla Chiesa. Per questo, dobbiamo aiutare i vescovi, i sacerdoti, a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio che è il pasto quotidiano, a celebrare ogni giorno l’Eucaristia e ad andare a confessarsi abitualmente. E questo è tanto importante perché va alla santificazione proprio dei vescovi e dei sacerdoti”.
Sono capi uniti a Cristo, capi “appassionati” delle comunità affidate alla loro cura; non può esserci un cuore tiepido nel petto di un ministro di Dio. La Chiesa “è la sua famiglia”, le “dedica tutto sé stesso”, la “ama con tutto il cuore (…) come Cristo ama la Chiesa.”
Infine ha parlato della vocazione come pura iniziativa di Dio: “il Signore chiama: chiama ognuno che vuole che diventi sacerdote, e forse ci sono alcuni giovani, qui, che hanno sentito nel loro cuore questa chiamata. La voglia di diventare sacerdoti, la voglia di servire gli altri nelle cose che vengono da Dio. La voglia di essere tutta la vita al servizio per catechizzare, battezzare, perdonare, celebrare l’Eucaristia, curare gli ammalati… ma, tutta la vita così! Se qualcuno di voi ha sentito questo nel cuore, è Gesù che lo ha messo lì. Curate questo invito e pregate perché questo cresca e dia il frutto in tutta la Chiesa”.
In occasione poi della Giornata del perdono indetta per il 28 marzo scorso, prima di confessare alcuni fedeli, è stato lo stesso Pontefice a dare il buon esempio scegliendo di confessarsi con uno dei 61 sacerdoti presenti. Infatti “chi sperimenta la misericordia divina – ha detto il Papa – è spinto a farsi artefice di misericordia tra gli ultimi e i poveri”. E’ l’appello alla conversione che la Chiesa, in Quaresima, “a nome di Dio, rinnova”: così “convertirsi non è questione di un momento o di un periodo dell’anno, è impegno che dura tutta la vita. Chi tra di noi può presumere di non essere peccatore?”
All’ Angelus di domenica 30 marzo Francesco ha esortato a non rimanere “ciechi nell’anima”, ma ad aprirsi “alla luce, a Dio e alla sua grazia”. A volte la nostra vita “è simile a quella del cieco che si è aperto alla luce, a Dio e alla sua grazia” o, purtroppo, “è un po’ come quella dei dottori della legge”, dei farisei, che sprofondarono “sempre più nella cecità interiore” cosicché “dall’alto del nostro orgoglio giudichiamo gli altri, e perfino il Signore”. Il cieco guarito “approda alla fede” che è la “grazia più grande che gli viene fatta” da Cristo: “conoscere Lui, che è la luce del mondo”. E noi “siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani” di cui “dobbiamo pentirci (…) per camminare decisamente sulla via della santità”.
Il Papa ha quindi consigliato di rileggere il brano di Giovanni (capitolo 9): “vi farà bene, perché così vedete questa strada dalla cecità alla luce e quell’altra strada cattiva verso una più profonda cecità. E domandiamoci: come è il nostro cuore? Com’è il mio cuore, com’è il tuo cuore, com’è il nostro cuore? Io ho un cuore aperto o un cuore chiuso? Aperto o chiuso verso Dio? Aperto o chiuso verso il prossimo? Sempre abbiamo in noi qualche chiusura nata dal peccato, nata dagli sbagli, dagli errori: non abbiamo paura, non abbiamo paura! Apriamoci alla luce del Signore: Lui ci aspetta sempre. Lui ci aspetta sempre. Per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci. Non dimenticate questo: Lui ci aspetta sempre”.
Gian Paolo Cassano
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