LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
San Giuseppe è patrono e modello dei papà. Ne ha parlato il Papa nell’udienza di mercoledì 19 marzo. Giuseppe è stato un angelo custode senza ali per la sua amata sposa Maria, per il giovane Gesù e per la Chiesa, che lo venera come suo Patrono universale. Un’esperienza “unica e irripetibile” eppure imitabile, perché ciò che fece in vita ha reso per sempre Giuseppe il “modello dell’educatore”. Prima di tutto per essere stato custode premuroso dell’aspetto più naturale per un papà, la crescita “fisica e psicologica” del suo Gesù: “lo ha ‘allevato’, preoccupandosi che non gli mancasse il necessario per un sano sviluppo. Non dimentichiamo che la custodia premurosa della vita del Bambino ha comportato anche la fuga in Egitto, la dura esperienza di vivere come rifugiati – Giuseppe è stato un rifugiato con Maria e Gesù – per scampare alla minaccia di Erode”.
Non solo in età; è stato per Gesù anche un “maestro di sapienza”, che ha saputo “attraversare il buio del dubbio” senza “mai perdere la fiducia in Dio e nel suo amore”: allora “possiamo pensare a come Giuseppe ha educato il piccolo Gesù ad ascoltare le Sacre Scritture, soprattutto accompagnandolo di sabato nella sinagoga di Nazareth. E Giuseppe lo accompagnava perché Gesù ascoltasse la parola di Dio nella sinagoga”.
Terza dimensione, la “grazia”. Qui certamente “la parte riservata a San Giuseppe è più limitata rispetto agli ambiti dell’età e della sapienza”. Sarebbe, però, “un grave errore pensare che un padre e una madre non possono fare nulla per educare i figli a crescere nella grazia di Dio. Crescere in età, crescere in sapienza, crescere in grazia: questo è il lavoro che ha fatto Giuseppe con Gesù, farlo crescere in queste tre dimensioni, aiutarlo a crescere”.
Di qui l’invito a fare altrettanto per tutti i papà: “chiedo per voi la grazia di essere sempre molto vicini ai vostri figli, lasciandoli crescere, ma vicini, vicini! Loro hanno bisogno di voi, della vostra presenza, della vostra vicinanza, del vostro amore. Siate per loro come san Giuseppe: custodi della loro crescita in età, sapienza e grazia. Custodi del loro cammino; educatori, e camminate con loro. E con questa vicinanza, sarete veri educatori. Grazie per tutto quello che fate per i vostri figli: grazie.”
Venerdì 21 marzo, accogliendo l’invito di don Ciotti e dell’Associazione Libera il Pontefice ha partecipato alla veglia di preghiera con i familiari delle vittime innocenti delle mafie, nella parrocchia di San Gregorio VII. Le parole del Pontefice sono un balsamo per le ferite del cuore dei familiari delle vittime di quella barbarie: “per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi di fare il male! E noi preghiamo per voi: convertitevi. Lo chiedo in ginocchio. E’ per il vostro bene”. E poi ha aggiunto: “la vita che fate non vi darà felicità e non porterete con voi il potere ed il denaro (…) “Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrai portarlo nell’altra vita. Convertitevi: ancora è tempo per non finire all’inferno”.
Ha poi ringraziato per la testimonianza che è stata resa “perché non vi siete chiusi, ma vi siete aperti, siete usciti, per raccontare la vostra storia di dolore e di speranza. Questo è tanto importante, specialmente per i giovani!”
Domenica 23 marzo, all’Angelus, ha sottolineato che tutti siamo alla ricerca dell’acqua viva della Misericordia: La Quaresima è il tempo opportuno per “guardarci dentro”, per questo ha dato appuntamento, venerdì 28 marzo, alla Giornata penitenziale “24 ore per il Signore”.
Commentando il vangelo della Samaritana ha posto l’accento su quel “dammi da bere” pronunciato dal Signore: “la semplice richiesta di Gesù è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti. Non si ferma mai davanti ad una persona per pregiudizi!”
Così “la donna rimane toccata da questo incontro: rivolge a Gesù quelle domande profonde che tutti abbiamo dentro, ma che spesso ignoriamo. Anche noi abbiamo tante domande da porre, ma non troviamo il coraggio di rivolgerle a Gesù! La Quaresima, cari fratelli e sorelle, è il tempo opportuno per guardarci dentro, per far emergere i nostri bisogni spirituali più veri, e chiedere l’aiuto del Signore nella preghiera”.
E anche oggi dobbiamo seguire l’esempio della Samaritana e chiedere l’acqua che ci disseterà in eterno. lasciandoci vincere dalla misericordia che “è più grande del pregiudizio e Gesù è tanto misericordioso, tanto!” La Samaritana “ha trovato l’acqua che cercava da sempre” e annuncia a quel villaggio la straordinaria notizia dell’incontro con Gesù che “cambia la vita. Sempre! Sempre è così”.
In questo Vangelo dobbiamo trovare anche noi lo stimolo a “lasciare la nostra anfora”, simbolo di tutto ciò che “apparentemente è importante, ma che perde valore di fronte all’amore di Dio”: (…) Qual è la tua anfora interiore, quella che ti pesa, quella che ti allontana da Dio? Lasciamola un po’ da parte e col cuore sentiamo la voce di Gesù che ci offre un’altra acqua, un’altra acqua che ci avvicina al Signore”.
Poi occorre “testimoniare la gioia dell’incontro con Gesù, perché ho detto che ogni incontro con Gesù ci cambia la vita ed anche ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia, quella gioia che viene da dentro. E così è il Signore. E raccontare quante cose meravigliose sa fare il Signore nel nostro cuore, quando noi abbiamo il coraggio di lasciare da parte la nostra anfora”.
Gian Paolo Cassano
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