LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Lasciamoci riscaldare il cuore dalla tenerezza di Dio che si è fatto bambino; è l’invito del Papa nel suo messaggio natalizio in occasione della Benedizione “Urbi et Orbi”
A tutti ha augurato “di riconoscere il vero volto di Dio, il Padre che ci ha donato Gesù. Auguro a tutti di sentire che Dio è vicino, di stare alla sua presenza, di amarlo, di adorarlo. E ognuno di noi possa dare gloria a Dio soprattutto con la vita, con una vita spesa per amore suo e dei fratelli”.
Ha rivolto poi un accorato appello di pace per il mondo intero, unendosi al coro degli angeli “per ogni uomo e donna che veglia nella notte, che spera in un mondo migliore, che si prende cura degli altri cercando di fare umilmente il proprio dovere”.
“La vera pace non è un equilibrio tra forze contrarie. Non è una bella ‘facciata’, dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è un impegno di tutti i giorni” che “si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia che ci ha dato in Gesù Cristo”.
Il Papa ha così pensato alle vittime delle guerre in tante parti del mondo: “le guerre spezzano e feriscono tante vite!” E “troppe ne ha spezzate negli ultimi tempi il conflitto in Siria, fomentando odio e vendetta”. Per questo ha invitato a continuare “a pregare il Signore perché risparmi all’amato popolo siriano nuove sofferenze e le parti in conflitto mettano fine ad ogni violenza e garantiscano l’accesso agli aiuti umanitari. Abbiamo visto quanto è potente la preghiera! E sono contento che oggi si uniscano a questa nostra implorazione per la pace in Siria anche credenti di diverse confessioni religiose. Non perdiamo mai il coraggio della preghiera!” In questa preghiera c’è anche la Repubblica Centroafricana, il Sud Sudan, la Nigeria, la Palestina, l’Iraq, il Corno d’Africa, il Congo …
Il Papa poi ha pregato ed incoraggiato a pregare per i perseguitati della fede e per “i migranti in cerca di una vita dignitosa” perché “trovino accoglienza e aiuto” e non accadano mai più tragedie come quella di Lampedusa !
“Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo! Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Ne abbiamo bisogno, che il nostro cuore si commuova! Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Abbiamo bisogno delle sue carezze. Dio è grande nell’amore, a Lui la lode e la gloria nei secoli! Dio è pace: chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nazioni, nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio”.
All’Angelus, nella festa di S. Stefano, Papa Francesco ha esortato a pregare per quanti sono perseguitati a causa della loro fede in Gesù: “per il cristiano questo non fa meraviglia, perché Gesù lo ha preannunciato come occasione propizia per rendere testimonianza. Tuttavia, sul piano civile, l’ingiustizia va denunciata ed eliminata. Maria Regina dei Martiri ci aiuti a vivere il Natale con quell’ardore di fede e di amore che rifulge in Santo Stefano e in tutti i martiri della Chiesa”. Nel martirio di Stefano “si riproduce lo stesso confronto tra il bene e il male, tra l’odio e il perdono, tra la mitezza e la violenza, che ha avuto il suo culmine nella Croce di Cristo” e “la memoria del primo martire viene così, immediatamente, a dissolvere una falsa immagine del Natale: l’immagine fiabesca e sdolcinata, che nel Vangelo non esiste! La liturgia ci riporta al senso autentico dell’Incarnazione, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica la lotta al peccato, passa attraverso la porta stretta della Croce”.
Domenica 29 dicembre nella festa della S. Famiglia il pensiero è andato ai migranti e ai rifugiati vittime del rifiuto, dello sfruttamento, della tratta e la fiducia nella “vicinanza amorosa di Dio”, ricordando il percorso di Giuseppe, Maria e Gesù “sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto”.
“Ma pensiamo anche agli altri ‘esiliati’, io li chiamerei ‘esiliati nascosti’, quegli ‘esiliati’ che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani”. Dio “è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono; ma Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari”. L’invito è stato quindi a fissare lo sguardo sulla S. Famiglia e sulla “semplicità della vita che essa conduce a Nazareth”, perché “è un esempio che fa tanto bene alle nostre famiglie, le aiuta a diventare sempre più comunità di amore e di riconciliazione, in cui si sperimenta la tenerezza, l’aiuto vicendevole, il perdono reciproco”. Papa Francesco ha quindi ricordato – e invitato i fedeli a ripeterle – “le tre parole chiave per vivere in pace e gioia in famiglia: permesso, grazie, scusi”: infatti “quando in una famiglia non si è invadente, si chiede ‘permesso’. Quando in una famiglia non si è egoista, si impara a dire ‘grazie! grazie!’. E quando in una famiglia, uno se ne accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusi”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia”.
Gian Paolo Cassano
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