LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Un viaggio senza precedenti quello che il Pontefice ha compiuto nella mattina di lunedì 8 luglio a Lampedusa (ringraziando ed incoraggiando gli abitanti per la loro accoglienza generosa). Un viaggio per pregare per gli immigrati morti in mare e “compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta.
Francesco si è soffermato su tre domande che “soprattutto provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti.”
“Adamo, dove sei?” e “Caino, dov’è tuo fratello?”. Sono le prime “due domande di Dio” che “risuonano anche oggi, con tutta la loro forza!”
C’è un disorientamento che ci coinvolge e che “assume le dimensioni del mondo” per cui “non siamo più attenti al mondo in cui viviamo” e che ci porta “a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.”
“Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?».” Oggi “abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna”. E’ la “cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone” e che “che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza.”
Questa “ci rende tutti innominati” (come il personaggio manzoniano dei Promessi sposi), “responsabili senza nome e senza volto”.
Di qui la terza domanda: “chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo? Per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie ?”
Il Papa incalza con forza ad un forte esame di coscienza: ”siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del ‘patire con?: la globalizzazione dell’indifferenza! Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento: «Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo. Chi ha pianto?”.
Gian Paolo Cassano
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