La Parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano

“L’uomo porta in sé un misterioso desiderio di Dio”: lo ha ricordato il Papa nell’udienza generale di mercoledì 7 novembre. E’ vero che questa affermazione suona come una “provocazione” all’uomo occidentale secolarizzato.
“Molti nostri contemporanei potrebbero infatti obiettare di non avvertire per nulla un tale desiderio di Dio. Per larghi settori della società Egli non è più l’atteso, il desiderato, quanto piuttosto una realtà che lascia indifferenti, davanti alla quale non si deve nemmeno fare lo sforzo di pronunciarsi. In realtà, quello che abbiamo definito come ‘desiderio di Dio’ non è del tutto scomparso e si affaccia ancora oggi, in molti modi, al cuore dell’uomo”.
Benedetto XVI lo spiega con l’esperienza umana dell’innamoramento, la cui prima percezione è una spinta a uscire da sé stessi, a desiderare il “bene dell’altro”, a servirlo. Ma nemmeno l’amato “è in grado di saziare il desiderio che alberga nel cuore umano, anzi, tanto più autentico è l’amore per l’altro, tanto maggiormente esso lascia dischiudere l’interrogativo (…) sulla possibilità che esso ha di durare per sempre. Dunque, l’esperienza umana dell’amore ha in sé un dinamismo che rimanda oltre se stessi, è esperienza di un bene che porta ad uscire da sé e a trovarsi di fronte al mistero che avvolge l’intera esistenza”.
Ora anche “nella nostra epoca, apparentemente tanto refrattaria alla dimensione trascendente”, si potrebbe “aprire un cammino verso l’autentico senso religioso della vita, che mostra come il dono della fede non sia assurdo, non sia irrazionale”, cioè “promuovere una sorta di pedagogia del desiderio, sia per il cammino di chi ancora non crede, sia per chi ha già ricevuto il dono della fede. Una pedagogia che comprende almeno due aspetti. In primo luogo, imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita”. Esercitando “il gusto interiore” si potranno “produrre anticorpi efficaci contro la banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi.” Si tratta di sentirsi “fratelli di tutti gli uomini, compagni di viaggio anche di coloro che non credono, di chi è in ricerca, di chi si lascia interrogare con sincerità dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene.”
Domenica 11 novembre, all’Angelus, ha richiamato ad “uno stile di vita radicato nella fede”. Prendendo spunto dalle due vedove della liturgia domenicale le ha indicate come modelli di fede “come l’atteggiamento interiore di chi fonda la propria vita su Dio, sulla sua Parola e confida totalmente in Lui”.
La vedova che dona quel poco che le resta al profeta Elia e la vedova che getta le due monetine nel tesoro del tempio “attestano l’unità inscindibile tra fede e carità, come pure tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo”.
Ora “Dio chiede sempre la nostra libera adesione di fede, che si esprime nell’amore per Lui e per il prossimo. Nessuno è così povero da non poter donare qualcosa. E infatti entrambe le nostre vedove di oggi dimostrano la loro fede compiendo un gesto di carità”.
Gian Paolo Cassano

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