San Valerio

SAN VALERIO MARTIRE, patrono di Occimiano (e Lu)

1.Terra natale

Zaragoza è una delle città più antiche, ricche e gloriose della Spagna. Si crede fondata dai Fenici sotto il nome di Solduba, ma fu ingrandita, popolata di veterani, abbellita con templi, foro, teatro, circo e bagni da Giulio Cesare, che la chiamò Cesaraugusta. È bagnata dal fiume Ebro, dal quale si dirama un canale che prende il nome dal suo costruttore Pignatelli, di famiglia italiana, e che serve a irrigare parte dell’immensa, fertilissima pianura. La sua storia gloriosa è scritta non solo nei volumi delle sue ricche biblioteche, ma soprattutto nei suoi monumenti. Saragozza seppe resistere ai Romani, ai Goti, ai Saraceni dai quali, pur essendo vinta, non venne mai soggiogata.
Chi visita oggi questa città trova sulle sue muraglie e case i segni della costanza di quel popolo, invitto nel difendere la sua libertà. Intorno alle porte e alle finestre dei palazzi pressoché diroccati, divenuti baluardi e fortezze per i privati cittadini, si scorgono tuttora migliaia di palle incastrate come perle preziose che ricordano ai posteri come ogni uomo, ogni donna e persino i bambini, durante i tre assedi dei Francesi negli anni I808 I809, erano divenuti difensori eroici della propria libertà, della propria patria e della propria religione. Dopo Sagunto e Numancia, dice il Moroni, non si era ai più veduto un accanimento così straordinario nella difesa di una piazza, tanto che gli assedianti stessi ammirarono il valore e l’audacia degli assediati.
Tuttavia ciò che rende Saragozza soprattutto gloriosa la storia della sua Chiesa e della sua fede. Narra la tradizione che S. Giacomo il Maggiore, Apostolo della Spagna, passando di là, fondò quivi la prima Chiesa e  divenne il primo Vescovo. Si racconta purghe che una notte, stando il santo Apostolo in orazione presso la
riva dell’Ebro, dopo una giornata di grande fatica spesa per convertire gli idolatri, la Vergine santissima, che ancora viveva con S. Giovanni, venne trasportata dagli Angeli e apparve sopra di una colonnina davanti S. Giacomo, entro un nimbo di vivissima luce e tra canti di soavissime armonie, per confortarlo. Maria Santissima manifestò a S. Giacomo il desiderio, che su quel luogo si erigesse un Santuario, che avrebbe servito ogni tempo a ravvivare la fede degli Spagnoli.
Oggi ancora la magnifica Basilica, dedicata alla Madonna del Pilar e che racchiude la colonna divenuta getto di speciale venerazione, attesta che la devozione dei buoni abitanti verso la Vergine SS. non è ai venuta meno.
A Saragozza si tennero quattro Concili prima del mille, tutti di grande importanza per la disciplina ecclesiastica. In questa città vi furono innumerevoli.  Martiri e vi fiorirono grandi opere di carità. Essa è inoltre la terra natale di S. Valerio.

2. Famiglia e nascita di san Valerio

Una delle famiglie più illustri, ricordate dalla storia romana, è senza dubbio quella dei Valeri. Valerio Publicola (507 anni av. Gesù Cristo), fu uno dei fondatori della Repubblica, e d’allora in poi i Valeri si distinsero nel governo, nelle scienze, nelle arti e nella letteratura, come lo provano, i Valeri Consoli, il Valerio Massimo storico, il Valerio Flacco poeta ed altri. Essi si resero celebri in Roma, nella Gallià, nella Spagna, dove il loro nome si tramandò in migliaia di famiglie.
Diocleziano, per farsi romano e darsi importanza, prese il nome di Valerio, e il suo esempio venne poi imitato da Galerio, Alassimiano, Costanzo. Non pochi scrittori sostennero che la figlia di Diocleziano, di nome Valeria, fosse cristiana: è certo, del resto, che essa diede saggio di virtù sconosciute al paganesimo. Ton fa quindi meraviglia che, essendo questo nome così diffuso,`si trovino all’inizio del cristianesimo molti Santi con questo nome. Non sappiamo l’almo preciso della nascita di S. Valerio, e nulla dei suoi genitori; ma si può arguire da varie circostanze, che sia nato sotto il Pontificato di S. Felice, essendo imperatore Aureliano, nella seconda metà del secolo III dopo Cristo.
La Chiesa era allora travagliata dagli errori di Nestorio e di Eutiche; il primo pretendeva che in Gesù Cristo vi fossero due persone e che perciò Maria Santissima non fosse Madre di Dio; il secondo insegnava che in Gesù Cristo vi era una sola natura. I cristiani di quei tempi, offesi nella loro fede, reagirono accrescendo la loro devozione verso la S.S. Vergine, Madre di Gesù, perciò Madre di Dio, bestemmiata da quegli eretici. Il clero poi senti il bisogno di coltivare sempre più lo studio delle scienze ecclesiastiche per poter combattere contro gli errori. I pochi colmi biografici del nostro Santo dicono esplicitamente che, oltre la nobiltà dei natali e la gentilezza dei modi, si ammiravano in lui i lodevoli studi e la non comune cultura unita a una tenerissima devozione verso la Vergine Maria.

3. La divina chiamata

Il giovane Valerio venne affidato alle cure del Vescovo S. Valerio, suo parente, il quale ne diresse i primi passi per la via della pietà e degli studi, guidandolo con  l’esempio più che con la parola: possiamo pertanto supporre ch’egli sia stato coetaneo e forse compagno di S. Vincenzo.
Valerio, quando poté comprendere la vanità del mondo e la necessità di pensare a salvarsi l’anima, decise di consacrarsi a Dio nello stato ecclesiali. Espose la sua decisione al santo Vescovo il quale, dopo averlo esaminato attentamente e` preparato nella scienza e nella santità, vedendolo ormai maturo e adorno delle più elette virtù, decise di consacrarlo Sacerdote circa l’anno 300.
A quel tempo in tutte le province della Spagna e l’Italia vi erano già molti cristiani e in parecchie città di
Spagna, come Mèrida, Siviglia, Segovia, Tarragona, Saragozza, Valencia, si era versato molto sangue di Martiri. Le gesta di S. Narciso martire, e la fede dimostrata dalle due sante Vergini Giusta e Rufina, erano conosciute e ammirate da tutti i buoni e riempivano il stupore i cattivi. Tuttavia i nemici e gli ignari di Gesù Cristo erano ancora molti, sicché Valerio, appena ordinato. Sacerdote, desiderò di andar a predicare il Vangelo agli infelici suoi compatrioti, che vivevano tra e tenebre della morte. Lasciò pertanto la sua città natale e, benedetto dal santo Vescovo, si recò più verso il nord della Spagna, nelle province cantabriche, dove pare che ancora non fosse stato predicato il santo Vangelo di Gesù Cristo: in questa Missione, il Santo raccolse abbondantissimi frutti di bene con la predicazione, ma specialmente con l’esempio della sua vita.
Valerio viveva umile e raccolto dentro una grotta scavata sulla montagna e passava molte ore nel pregare Iddio e nel meditare sulle verità eterne, che poi spiegava al popolo. Lo scarso vitto lo ricavava da un podere ch’egli stesso coltivava; ma più che del suo corpo egli si preoccupava della salvezza delle anime.
Impiegò  in questo apostolico ministero sete anni, durante i quali si scatenò la più terribile delle persecuzioni per opera dell’imperatore Diocleziano e dei Cesari Galerio e Massimiano. Quella persecuzione mietè un numero considerevole di vittime per tutto l’impero.
«I Preti e i Diaconi—scrive Lattanzio— venivano arrestati e condotti al supplizio. Moltissimi cristiani di ogni età, sesso e condizione furono arsi vivi; altri furono gettati in fondo al mare. Non molto lontano dal luogo dove si trovava Valerio, a Compluto, avvenne il martirio dei due giovanetti Giusto e Pastore, rispettivamente di tredici e di sette anni, i quali, mentre andavano a scuola, avendo saputo che era giunto il famigerato persecutore Daziano, gettarono via la cartella e corsero a cercare la palma del Martirio ».
A Saragozza, tra i molti, che in quei giorni affrontarono il martirio per amor di Gesù Cristo, vi fu la vergine Eucrotide che venne talmente tormentata da rimanere con tutto il corpo lacerato e coperto di piaghe; gettata poi in prigione, ella morì perchè le sue piaghe degenerarono in cancrena.
la persecuzione cessò prima dell’anno 305 per essersi ritirata a vita privata Diocleziano e Massimiano.

4. Valerio vescovo di Cesaraugusta

Nel 307 Valerio, ritornato a Cesaraugusta, ebbe la notizia della morte del santo Vescovo Valerio, suo parente. Appena si conobbe l’arrivo di lui alla sua città natale, il popolo giubilante lo elesse Vescovo, scorgendo in lui un degno successore capace di reggere la città e la Diocesi di Cesaraugusta.
Con cuore addolorato il novello Vescovo vide il suo gregge ridotto a un esiguo numero di fedeli, per causa dell’orribile carneficina di tante persone del popolo e della nobiltà, sacrificate davanti alle porte della città e tra spaventosi tormenti dai nemici della religione cristiana.
Non pochi cristiani terrorizzati si erano ridotti a vivere nascosti per i dintorni della città, nelle vicinanze del tempio della Madonna del Pilar, dentro ai cimiteri, alle grotte e alle catacombe. Valerio li visitava caritatevolmente per consolarli nelle afflizioni; li esortava inoltre alla pazienza e li sorreggeva con la speranza nel benigno aiuto della divina Provvidenza. Ma soprattutto si dedicò con grande zelo alla predicazione, con la quale animò tutti a riprendere coraggio nel difendere la loro fede, e a disporsi anche a morire per essa, a imitazione dei santi Martiri loro conterranei. Per alimentare questa fiamma di amore verso Dio e i suoi Santi, istituì inoltre una confraternita formata dai fedeli più devoti e fervorosi, i quali scelsero come protettore il martire S. Valerio
Ma lo zelante Pastore non potè godere a lungo della consolazione di lavorare in pace per il bene delle sue pecorelle.

5. Arresto e deportazione

Daziano da Mèrida, nel 307, era ritornato a Cesaraugusta. Informato della elezione del nuovo Vescovo Valerio e del suo zelo per conservare, propagare e fare rifiorire il Cristianesimo, lo fece arrestare e condurre dinanzi all’imperatore Massimiano, sia perchè la Spagna era comandata da Costantino, contrario alla persecuzione, sia per guadagnarsi l’animo dell’imperatore.
Quale doloroso contrasto! Mentre la Chiesa, ora nascosta dentro le catacombe e ora esposta alla luce, andava diradando le tenebre dell’errore estendendo il Regno di Gesù Cristo sull’impero, si era ingaggiata una lotta accanita tra gli ambiziosi che si disputavano il trono. Tra di essi, c’erano Diocleziano, Massimiano, Galerio, Severo, Massimino e Massenzio, che, viziosi e sanguinari, sfruttavano contemporaneamente l’impero romano. Essi, non paghi di opprimere le popolazioni, seminavano la strage tra i pacifici seguaci di Gesù Cristo, e la confusione sorta serviva a contrassegnare e a distinguere lo spirito del mondo da quello di Dio!
Avendo dunque Massimiano ripreso la porpora, raggiunse le Gallie per indurre Costantino, che nell’anno 306 era successo a suo padre Costanzo, ad allearsi con lui. A quest’annunzio, il feroce Daziano credette di fare cosa gradita al vecchio imperatore, rincrudendo le ostilità contro i cristiani nella Spagna dove si trovava. A Cesaraugusta, dove egli credeva di avere divelto l’albero rigoglioso del Cristianesimo, aveva trovato invece nuovi germogli; per questo tentò di asportarli affinché non si riproducessero nuovi fedeli. Sembra quindi che dalla Spagna egli inviasse il Vescovo Valerio, scortato da una masnada di sgherri, fino alle Gallie, donde, essendo Massimiano già ripartito per Roma, il Martire dovette con molte privazioni e stenti continuare il viaggio fino a Roma.
A Roma, Massimiano si era associato nell’impero suo figlio Massenzio; timoroso però di venire da lui soppiantato, non si sentiva per il momento di sobbarcarsi ad altri fastidi. Diede perciò ordine che Valerio fosse deferito senz’altro all’autorità giudiziaria, la quale lo processò e lo condannò a essere torturato con flagelli, che erano formati di funicelle munite di palle di piombo. Dopo questo supplizio, Valerio venne confinato a Vienne nelle Gallie. Tale procedimento fu preso sia per tenerlo lontano da Roma, dove gli imperatori intravedevano un pericolo troppo grave nel fermento sempre crescente dei cristiani, sia per allontanarlo dalla sua patria, affinché non continuasse a fare proseliti per Gesù Cristo.

6. Da pastore di anime a pastore di animali

Il governatore di Vienne, al quale fu consegnato Valerio, gli diede l’incarico di custodire armenti per la campagna e su per i monti.
Il tiranno voleva sbarazzarsi di un soggetto che, se fosse rimasto in città, avrebbe potuto trovare aderenti causando a lui delle noie; credeva anche di umiliarlo relegandolo tra i rozzi e ignoranti contadini della campagna.  Quanto sono differenti però i giudizi umani da quelli Dio!
La divina Provvidenza infatti si servì della nuova destinazione del Vescovo Valerio per salvare non poche anime. Negli agnelli, che doveva condurre pascolo, egli ravvisò il gregge di cristiani da lui abbandonato a Cesaraugusta, e per loro pregava  giorno e notte.
Valerio poi si ricordava del dolce Pastore Gesù, che, sempre pronto a dar la vita per le sue pecorelle, correva in cerca della pecorella smarrita, per caricarsela sulle spalle e ricondurla all’ovile.
L’anima sua, tutta accesa di zelo e disposta alle sofferenze per imitare il divino Modello Gesù, si adattò a quel nuovo genere di vita con semplicità e prudenza.
Si avvicinò a poco a poco ai rozzi pagani, che vivevano come lupi rapaci sbranandosi a vicenda, parlò loro della bellezza della religione cristiana, di Gesù Cristo morto per salvarci, della vita eterna e li esortò a cambiar tenore di vita promettendo loro pace sulla terra e una gloria imperitura in Cielo.
Il frutto di queste fatiche apostoliche, durate per tre anni, fu la conversione di oltre tre mila pagani che, detestato il culto delle false divinità, adorarono il vero Dio. In quei luoghi, ove prima regnava il demonio, incominciò a imperare la nostra santa Religione. La corruzione antica fu abbandonata, gli odi si assopirono, il culto del vero Dio raggiunse vero splendore e Gesù Cristo divenne il dolce Sovrano di quel popolo.

7. Il martirio

I1 governatore di Vienne, informato che Valerio, mentre conduceva al pascolo le pecore, si era anche dedicato per tre anni alla predicazione, convertendo un considerevole numero di pagani alla religione di Gesù Cristo, si accese di sdegno, e ordinò che il santo Vescovo venisse crocifisso a un albero in aperta campagna, affinché i nuovi cristiani, assistendo al suo martirio, abbandonassero la loro religione..
Valerio rimase per sette giorni su quella specie di croce, che gli servì come di pulpito per predicare imperterrito le verità della fede cristiana. Alla vista di questo spettacolo di fortezza, non solo si rinfrancarono i fedeli ella fede, ma si convertirono anche tanti altri attratti alla parola e più ancora dall’eroismo del santo Ministro di Gesù Cristo.
Ma il tiranno, furente per tanta costanza, per impedire e Valerio continuasse a predicare, ordinò che fosse sepolto vivo: ciò avvenne circa l’anno 311. Com’è facile arguire, l’esecutore della sentenza non fu il governatore, ma un suo inviato particolare che, pur di farla finita, impartì l’ordine e, senza curarsi di assistere all’esecuzione, lasciò quei luoghi per evitare eventuali fastidi.
Ma le Gallie erano sotto il controllo di Costantino amico dei cristiani: le persecuzioni perciò si verificarono solo su qualche luogo e piuttosto per lo zelo indiscreto di qualche funzionario regionale. Partito l’inviato del governatore, il quale aveva ordinato di seppellir vivo Valerio, gl’incaricati, o per rendersi favorevoli i cristiani, o per la speranza di venire ricompensati, lasciarono libero Valerio, a condizione che si allontanasse da quel paese.
A conferma di questa ipotesi sta il fatto che, sebbene sul luogo dove S.Valerio soffrì il martirio gli sia stato innalzato un tempio, tuttavia non si ebbe mai alcuna notizia del suo sepolcro; si potrebbe perciò dedurre ch’egli non sia stato seppellito in quel luogo.

8. Valerio in Italia – Apostolato e morte.

Nel 1712 fu stampata un’immagine di S. Valerio, sulla quale si leggeva la seguente iscrizione: «Al tempo degli Ariani, Valerio fu trapassato da una freccia in un campo tra Lu, Mirabello e Occimiano ». Questa immagine può rappresentare una tradizione. Forse Valerio, lasciato in libertà dai suoi carnefici e posto in salvo dai fedeli che vegliavano sulla sua sorte, fuggì dalla Francia e, valicate le montagne di confine, andò da Aosta a Chivasso per scegliersi come campo di apostolato i colli del Monferrato. Secondo una tradizione, predicò anche per la regione bagnata dal fiume Tanáro, e precisamente nella regione dove, parecchi secoli dopo, fu costruita dalla Lega lombarda la città di Alessandria per opporsi a Federico Barbarossa.
Valerio continuò la sua opera di zelo fino circa al 350 in cui, sfinito dalle fatiche, logorato da tanti sterrati e inseguito forse dagli Ariani che volevano sopprimerlo, pare sia stato trafitto da uno strale. Altri invece suppongono ch’egli sia morto per esaurimento, a circa ottanta anni, su di un campo posto tra il territorio di Lu, di Mirabello e di Occimiano, alcuni anni prima che a Casale venisse martirizzato S Evasio.
Il cadavere di S Valerio venne miracolosamente scoperto. Secondo un’antichissima tradizione, durante il crudo inverno di quell’anno, un padrone doveva a un servo una pattuita misura di frumento. Perché non poteva essere  retribuito per causa della carestia dell’anno precedente, il servo chiese al padrone la licenza di mietere immediatamente, il 22 gennaio, per conto proprio, un certo campo situato tra i territori di Lu, Occimiano e Mirabello. Il padrone accettò volentieri la proposta che gli pareva ingenua e strana. Sempre secondo la tradizione, il 22 gennaio di quell’anno fu una splendida giornata, nella quale il servo, accompagnato da alcuni parenti, si recò sul campo, dove trovò il grano non solo miracolosamente cresciuto, ma in piena maturità. Sparsasi la notizia per i dintorni, fu un accorrere della popolazione per assistere a quel prodigio. I mietitori si misero all’opera ed ecco che, disteso per terra e coperto dal grano, essi trovarono il cadavere di un uomo deceduto da poco. Alla meraviglia per la sorprendente scoperta seguirono il rispetto e la venerazione, poichè il miracolo del grano maturato così prodigiosamente nel cuore dell’inverno comprovava che l’Altissimo voleva glorificare il suo servo fedele. Fatte le necessarie indagini, si venne a sapere che si trattava del corpo di S. Valerio, già Vescovo di Cesaraugusta, forse riconosciuto anche da alcuni che ne avevano ascoltata la parola e ammirato lo zelo.

9. Il corpo di San Valerio a Lu – Altre reliquie ad Occimiano.

Propagatasi la voce dell’avvenuto prodigio, dai paesi circonvicini accorse sul luogo una moltitudine immensa per venerare il santo corpo: tutti poi si disputavano l’onore e il diritto di possederlo.
Ne sarebbe forse  sorta una fiera  colluttazione se, seguendo il consiglio di persone prudenti e  l’abitudine dell’epoca, non fosse stata rimessa a Dio  la soluzione della grave e importante questione. Si  decise adunque di attaccare a un carro due giovenche  non ancora aggiogate e di affidarne la guida a un  ragazzo, affatto ignaro del modo di condurle. Sul rozzo  barroccio venne deposto con grande devozione il corpo del  Santo, mentre la moltitudine, prostrata a terra, pregava  fervorosamente Dio di voler far cono­scere dove voleva che il Santo fosse venerato. Tre erano le vie, che conducevano ai vicini paesi Le giovenche, Abbandonate al loro istinto e guidate da forza misteriosa, dopo un istante di esitazione, infila­rono la strada di Lu, camminando rapidamente e, seguite dalla moltitudine, esse ascesero il colle e non si fermarono che quando giunsero sul culmine di esso.
Si narra che, quando gli abitanti dei paesi vicini si accorsero della direzione presa dalla giovenche, scongiurassero il Signore che la facesse loro cambiare. Anzi, alcuni più arditi, volendo in certo qual modo costringere il Santo ad assecondare il loro pio desiderio, afferrarono il cadavere per le mani. Ma le dita si staccarono e rimasero in loro possesso, costituendo così le piccole reliquie, che tuttora si venerano in Occimiano, a Casorzo e in altri luoghi. Prescindendo da ciò, allorché le giovenche. giunsero sulla parte più elevata di Lu, detta tuttora Castello, vi si fermarono; allora gli abitanti del borgo ricevettero in deposito il sacro Corpo con sommo giubilo e, depostolo dentro una ricca e preziosa cassa di legno, lo custodirono gelosamente entro una piccola, ma devota cappella.
Le sacre reliquie rimasero su questo luogo indisturbate per lunghi secoli, esposte alla venerazione dei fedeli, che sempre, ma specialmente in tempo di pubiche e private sventure, come durante le piogge prolungate o i periodi di siccità o di altri malanni, con fede e ammirabile slancio e fervore mai ricorsero invano al santo Protettore per ottenere grazie e favori. Il 22 gennaio di ogni anno il religioso popolo di Lu celebra n una speciale devozione la festa solenne del ritrovato del corpo di S. Valerio, e in memoria del prodigioso miracolo del grano maturo nel cuore dell’inverno, il Santo viene rappresentato con le spighe in mano.
Anche ad Occimiano, nella festa del Santo, riprendendo l’antica tradizione, si confezionano panetti a forma di spiga che vengono benedetti durante la S. Funzione.

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