LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Giovanni Paolo II, con “la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana” è stato un vero “gigante” che ha “aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo”.
Così si è espresso il suo successore alla beatificazione di domenica 1 maggio, di fronte ad un folla straripante (oltre un milione) di fedeli venuti da tutto il mondo.
“Giovanni Paolo II è Beato per la sua fede, forte, generosa e apostolica”, e “con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà”.
Ha guidato con forza il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio, la “soglia della speranza … che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso” e che “egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo.”
Sfogliando i propri ricordi di amico e collaboratore, ha evidenziato come sia “rimasto sempre una ‘roccia’, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno. Così egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nell’Eucaristia”.
Anche al Regina Coeli ha parlato dell’universalità di Giovanni Paolo II apostolo senza confini, difensore dell’uomo e dei suoi più inviolabili diritti.
Mercoledì 4 maggio, all’Udienza, ha iniziato una nuova serie di catechesi dedicata alla preghiera. L’uomo in tutti i tempi prega perché “non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo.”
Benedetto XVI ha rilevato la preghiera non vada “data per scontata: occorre imparare a pregare, quasi acquisendo sempre di nuovo quest’arte; anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù per apprendere a pregare con autenticità”.
Citando Marco Aurelio che affermava la “necessità di pregare per stabilire una cooperazione fruttuosa tra azione divina e azione umana” ha constatato come la vita umana senza la preghiera, “diventa priva di senso e di riferimento”.
Nella preghiera “si esprime sempre la verità della creatura umana, che da una parte sperimenta debolezza e indigenza, e perciò chiede aiuto al Cielo, e dall’altra è dotata di una straordinaria dignità, perché, preparandosi ad accogliere la Rivelazione divina, si scopre capace di entrare in comunione con Dio”.
Sabato 7 e domenica 8 maggio il Pontefice si è recato come pellegrino nel Nord Est, facendo tappa ad Aquileia e a Venezia.
Ad Aquilea, antica sede del primo cristianesimo (da lei sono nate ben 36 diocesi d’Italia, Slovenia, Croazia, Austria e Germania) ha invocato anche oggi “discepoli di Cristo coraggiosi e fedeli, votati solo a Lui e perciò convinti e convincenti” poiché “solo da Cristo l’umanità può ricevere speranza e futuro; solo da Lui può attingere il significato e la forza del perdono, della giustizia, della pace.”
Per questo ha invitato ad impegnarsi, “in un mondo radicalmente cambiato, per una nuova evangelizzazione” del territorio. Occorre “essere cristiani convinti, ‘pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi’, capaci di affrontare le nuove sfide culturali, in rispettoso confronto costruttivo e consapevole con tutti i soggetti che vivono in questa società”.
Benedetto XVI poi è passato a Venezia, accolto dal card. Angelo Scola e da una popolazione festante. Nella S. Messa a Mestre ha esortato a dare speranza alla modernità e superare le paure del nuovo nelle mutate condizioni politiche del nostro tempo, a superare la paura del nuovo, del diverso.
“Come in passato – ha aggiunto il Papa – quando quelle Chiese si distinsero per il fervore apostolico e il dinamismo pastorale, così anche oggi occorre promuovere e difendere con coraggio la verità e l’unità della fede. Occorre rendere conto della speranza cristiana all’uomo moderno, sopraffatto non di rado da vaste ed inquietanti problematiche che pongono in crisi i fondamenti stessi del suo essere e del suo agire”.
Incontrando il mondo della cultura e dell’economia, nella Basilica della Salute ha messo l’accento sullo straordinario patrimonio culturale di Venezia ed ad annunciare con coraggio il Vangelo, che “non è un’utopia, né un’ideologia”, ma è “ la più grande forza di trasformazione del mondo.”
Bisogna respingere l’idea di una cultura liquida, cioè instabile, mutevole e scegliere
“una città che rinnova costantemente la sua bellezza attingendo dalle sorgenti benefiche dell’arte, del sapere, delle relazioni tra gli uomini e tra i popoli”.
Di qui l’esortazione ad avanzare “fiduciosi nel sentiero della nuova evangelizzazione, nel servizio amorevole dei poveri e nella testimonianza coraggiosa all’interno delle varie realtà sociali … consapevoli d’essere portatori di un messaggio che è per ogni uomo e per tutto l’uomo; un messaggio di fede, di speranza e di carità”.
Gian Paolo Cassano
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