La parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO

a cura di Gian Paolo Cassano

San Pietro Canisio (la cui figura è stata focalizzata dal Papa nell’udienza generale di mercoledì 9 febbraio) è stata uno dei protagonisti del Cinquecento cattolico, insegnandoci con la sua esemplarità di vita che un “autentico evangelizzatore è sempre uno strumento unito” con Gesù e con la Chiesa.

Il santo gesuita fu chiamato a fondare numerosi collegi gesuiti in Germania intervenendo alla sessione finale del Concilio di Trento. Fu un uomo di profonda preghiera, per vivere un’intima amicizia con Gesù, insistendo “sull’importanza della Liturgia con i suoi commenti ai Vangeli, alle feste, al rito della santa Messa e degli altri Sacramenti,” e, nello stesso tempo, mostrando “ai fedeli la necessità e la bellezza che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la partecipazione al culto pubblico della Chiesa”.

E’ la riproposta autorevole del Concilio, nella Costituzione “Sacrosanctum Concilium”: “la vita cristiana non cresce se non è alimentata dalla partecipazione alla Liturgia, in modo particolare alla santa Messa domenicale, e dalla preghiera personale quotidiana. In mezzo alle mille attività e ai molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per ascoltarlo e parlare con Lui”.

Negli anni della Riforma protestante il santo “ha distinto l’apostasia consapevole e colpevole dalla perdita di fede incolpevole” dichiarando che “la maggior parte dei tedeschi” che passarono al protestantesimo “erano senza colpe”. E’ l’esempio delle sua vita che è incoraggiamento “per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e fedeltà la sua adesione a Cristo”.

Benedetto XVI ha poi ricordato i suoi scritti più celebri, i tre “Catechismi”, dove la dottrina cattolica era esposta con domande e risposte, in stile chiaro e diretto. Il Canisio ha saputo “comporre armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il rispetto dovuto ad ogni persona”, come principio importante per la libertà religiosa: “in un momento storico di forti contrasti confessionali, evitava – questa era una cosa straordinaria – l’asprezza e la retorica dell’ira – cosa rara a quei tempi nelle discussioni tra cristiani, dall’una e dall’altra parte – e mirava soltanto alla presentazione delle radici spirituali e alla rivitalizzazione dell’intero corpo della Chiesa”.

Domenica 13 febbraio, all’Angelus, riferendosi al pietoso caso dei quattro bambini Rom morti nella loro baracca bruciata si è chiesto “se una società più solidale e fraterna, più coerente nell’amore, cioè più cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto. E questa domanda vale per tanti altri avvenimenti dolorosi, più o meno noti, che avvengono quotidianamente nelle nostre città e nei nostri paesi”.

Commentando poi il Vangelo domenicale ha evidenziato la “pienezza” della legge di Cristo e la “superiore” giustizia che Gesù esige, spiegandola “mediante una serie di antitesi tra i comandamenti antichi e il suo modo di riproporli.”

E’ la novità di Gesù che “consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso “riempie” i comandamenti con l’amore di Dio, con la forza dello Spirito Santo che abita in Lui. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito Santo, che ci rende capaci di vivere l’amore divino. Perciò ogni precetto diventa vero come esigenza d’amore, e tutti si ricongiungono in un unico comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso”.

Benedetto XVI ha poi concluso con l’invito a guardare a Gesù: “Lui stesso è questa via: non dobbiamo far altro che seguire Lui, per mettere in pratica la volontà di Dio ed entrare nel suo Regno, nella vita eterna”.

Gian Paolo Cassano

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