LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
La catechesi dell’udienza del 12 gennaio è stata dedicata a S. Caterina da Genova, laica vissuta tra il XV e il XVI secolo. Significativa la descrizione che da del Purgatorio nei suoi scritti: non un’immagine catastrofica, ma quella semplice e moderna di una fiamma che, consumando il peccato, riporta l’interiorità di un essere umano alla primitiva lucentezza. In Caterina “il Purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il Purgatorio, un fuoco interiore”.
Fu direttrice del più grande ospedale cittadino dell’epoca, sposa e persona socialmente in vista, approdò all’incontro cruciale con Gesù, il 20 marzo 1473, nel corso di una confessione sacramentale.
“Ricevette – come ella stessa scrive – una ferita al cuore, d’un immenso amor de Dio, con una visione così chiara delle sue miserie e dei suoi difetti e, allo stesso tempo, della bontà di Dio, che quasi ne svenne. Fu toccata nel cuore da questa conoscenza di se stessa, della vita vuota che conduceva e della bontà di Dio. Da questa esperienza nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: ‘Non più mondo, non più peccati’”.
Da qui partì la sua “vita di purificazione”, segnata da un “costante dolore” per il peso del peccato, da un profondo contatto con Cristo nella preghiera e dall’acuta percezione della bontà di Dio.
La spiritualità di Caterina da Genova si nutre di fonti teologiche antiche. “I Santi – ha osservato il Papa – nella loro esperienza di unione con Dio, raggiungono un sapere’ così profondo dei misteri divini, nel quale amore e conoscenza si compenetrano, da essere di aiuto agli stessi teologi nel loro impegno di studio, di intelligentia fidei, di intelligentia dei misteri della fede, di approfondimento reale dei misteri, per esempio di che cosa è il Purgatorio”.
La sua fu una vita concreta; infatti “non dobbiamo mai dimenticare che quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta intorno, chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni. La mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio”.
Concludendo, il Pontefice ha parlato della particolare dedizione della Santa genovese verso gli ammalati. “Il servizio umile, fedele e generoso, che la Santa prestò per tutta la sua vita nell’ospedale di Pammatone, poi, è un luminoso esempio di carità per tutti e un incoraggiamento specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione verso i più poveri e i più bisognosi”.
All’Angelus domenica 16 gennaio Benedetto XVI ha parlato della Giornata della migrazione che “è forzata da guerre o persecuzioni” ed avviene “in condizioni drammatiche”, rammentando come Gesù sia “stato un rifugiato. La Chiesa, da sempre, vive al proprio interno l’esperienza della migrazione. Talvolta, purtroppo, i cristiani si sentono costretti a lasciare, con sofferenza, la loro terra, impoverendo così i Paesi in cui sono vissuti i loro avi”.
Occorre anche non dimenticare come “gli spostamenti volontari dei cristiani” siano “occasione per incrementare il dinamismo missionario della Parola di Dio e fanno sì che la testimonianza della fede circoli maggiormente nel Corpo mistico di Cristo, attraversando i popoli e le culture, e raggiungendo nuove frontiere, nuovi ambienti”.
Ha poi espresso la sua gioia per la prossima Beatificazione di Giovanni Paolo II : ”quanti lo hanno conosciuto, quanti lo hanno stimato e amato, non potranno non gioire con la Chiesa per questo evento. Siamo felici!”.
Gian Paolo Cassano
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