LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Nell’udienza generale dello scorso mercoledì 9 giugno Benedetto XVI ha parlato del suo viaggio apostolico a Cipro come di un “evento storico” che “ha felicemente conseguito i suoi scopi” i cui temi sono stati ripresi nella catechesi. “In un’atmosfera – ha osservato – che sembrava quasi la sintesi percepibile di duemila anni di storia cristiana”, abbiamo “fraternamente rinnovato il reciproco e irreversibile impegno ecumenico”, tra armeni, luterani, anglicani, ma soprattutto con la maggioranza ortodossa.
E’ stata anche l’occasione per ribadire “l’importanza di fondare la legge positiva sui principi etici della legge naturale, al fine di promuovere la verità morale nella vita pubblica. E’ stato un appello alla ragione, basato sui principi etici e carico di implicazioni esigenti per la società di oggi, che spesso non riconosce più la tradizione culturale su cui è fondata”.
Ha parlato della pace che non può prescindere dai cristiani di ogni zona della Terra Santa, per i quali Benedetto XVI ha auspicato che “nonostante le grandi prove e le ben note difficoltà, non cedano allo sconforto e alla tentazione di emigrare, in quanto la loro presenza nella regione costituisce un insostituibile segno di speranza”.
Venerdì 11 giugno, chiudendo l’Anno Sacerdotale, il Papa ha toccato i punti nevralgici della vocazione al sacerdozio soffermandosi ancora una volta con parole di grande umiltà sulla ferita provocata della pedofilia all’interno della Chiesa.
Benedetto XVI ha tracciato la straordinarietà della vocazione al sacerdozio in tutte le sue sfumature: “Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola ‘sacerdozio’. Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e così dal di dentro si leghi ad essi”.
Ecco il senso dell’Anno Sacerdotale: “volevamo risvegliare la gioia che Dio ci sia così vicino, e la gratitudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza”, dicendo “nuovamente ai giovani che questa vocazione, questa comunione di servizio per Dio e con Dio, esiste, anzi, che Dio è in attesa del nostro ‘sì’”.
Per questo “era da aspettarsi che al ‘nemico’ questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario”.
All’Angelus domenica 13 giugno il Papa ha voluto “rendere grazie a Dio per tutti i benefici che da questo Anno sono venuti alla Chiesa universale.” Sottolineando come i sacerdoti siano “un dono del cuore di Cristo: un dono per la Chiesa e per il mondo” ed “i primi operai della civiltà dell’amore”, ha pensato “a tante figure di preti, noti e meno noti, alcuni elevati all’onore degli altari, altri il cui ricordo rimane indelebile nei fedeli, magari in una piccola comunità parrocchiale”. Ha richiamato gli esempi del s. Curato d’Ars, del nuovo beato don Jerzy Popieluszko e le tante “iniziative di promozione umana integrale” che “sono partite dall’intuizione di un cuore sacerdotale!”.
Gian Paolo Cassano
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