LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Domenica 2 maggio il Papa è stato in visita a Torino per venerare la S.Sindone, incontrano giovani ed ammalati e celebrando l’Eucaristia in piazza san Carlo.
Salutato dal card. Severino Poletto (arcivescovo di Torino) e dal Sindaco Sergio Chiamparino e dall’abbraccio festoso della città dei tanti fedeli accorsi anche in occasione delle Sindone Benedetto XVI è entrato nei problemi sociali, del lavoro, dell’integrazione, esortando alla testimonianza cristiana, alla preghiera e a confidare nell’amore salvifico di Cristo.
Nell’Omelia ha parlato dell’amore senza limiti di Gesù che “ci ha dato se stesso come modello e fonte di amore”; poi, guardando alla ricca tradizione di santità torinese, ha ricordato che “Gesù” chiede “di vivere il suo stesso amore” per vincere le “tante difficoltà che provocano divisioni, risentimenti e rancori”. Occorre restare “uniti a Cristo”; infatti “amare gli altri come Gesù ci ha amati è possibile solo con quella forza che ci viene comunicata nel rapporto con Lui, specialmente nell’Eucaristia, in cui si rende presente in modo reale il suo Sacrificio di amore che genera amore.”
“A volte”, anche per gli impegni che si moltiplicano, “essere operai nella vigna del Signore può essere faticoso”, ha detto il Papa, rivolgendosi ai ministri ordinati e consacrati. Poi, guardando alle tante sfide che la città della Sindone vive, ha aggiunto:
“penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale; penso alle famiglie, ai giovani, alle persone anziane che spesso vivono in solitudine, agli emarginati, agli immigrati. Sì, la vita porta ad affrontare molte difficoltà, molti problemi, ma è proprio la certezza che ci viene dalla fede, la certezza che non siamo soli, che Dio ama ciascuno senza distinzione ed è vicino a ciascuno con il suo amore, che rende possibile affrontare, vivere e superare la fatica dei problemi quotidiani. “
Rivolgendosi quindi ai giovani ha detto di “non perdere mai la speranza …, quella” che viene da Cristo. “Colui che è stato crocifisso, che ha condiviso la nostra sofferenza, come ci ricorda anche in maniera eloquente la Sacra Sindone.”
Davvero in essa “vediamo, come specchiati – ha precisato – i nostri patimenti nelle sofferenze di Cristo: “Passio Christi. Passio hominis”. Proprio per questo essa è un segno di speranza: Cristo ha affrontato la croce per mettere un argine al male; per farci intravvedere, nella sua Pasqua, l’anticipo di quel momento in cui anche per noi ogni lacrima sarà asciugata e non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né affanno.”
Già mercoledì 28 aprile era entrato in “clima piemontese”, dedicando la catechesi dell’udienza generale a due grandi sacerdoti dell’Ottocento, San Leonardo Murialdo e San Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Il Papa ha parlato della loro testimonianza cristiana in favore dei poveri e della coerenza del loro sacerdozio, “due santi sacerdoti esemplari nella loro donazione a Dio e nella testimonianza della carità”.
Del Murialdo ricorrono quest’anno i 110 anni dalla morte (30 marzo 1900). Torinese, figlio “di una famiglia semplice”, si fa sacerdote, conosce Don Bosco che lo mette a capo di un Oratorio, e matura – ha detto il Pontefice – una “profonda sensibilità sociale, educativa e apostolica” dove è centrale “la convinzione dell’amore misericordioso di Dio: un Padre sempre buono, paziente e generoso, che rivela la grandezza e l’immensità della sua misericordia con il perdono”.
Se San Leonardo Murialdo si abbandonò “con fiducia alla Provvidenza” altrettanto fece Giuseppe Benedetto Cottolengo, che alla Divina Provvidenza intitolò la sua “Piccola Casa” aperta ad ogni bisogno sociale e spirituale.
“Fu sempre pronto – ha aggiunto Benedetto XVI – a seguire e a servire la Divina Provvidenza, mai ad interrogarla. Diceva: ‘Io sono un buono a nulla e non so neppure cosa mi faccio. La Divina Provvidenza però sa certamente ciò che vuole. A me tocca solo assecondarla. Avanti in Domino’. Per i suoi poveri e i più bisognosi, si definirà sempre ‘il manovale della Divina Provvidenza’”.
Entrambi trassero “sempre la radice profonda, la fonte inesauribile della loro azione nel rapporto con Dio, attingendo dal suo amore” e conservando questa “profonda convinzione” nel cuore.
“Non è possibile – ha rilevato – esercitare la carità senza vivere in Cristo e nella Chiesa. La loro intercessione e il loro esempio continuino ad illuminare il ministero di tanti sacerdoti che si spendono con generosità per Dio e per il gregge loro affidato, e aiutino ciascuno a donarsi con gioia e generosità a Dio e al prossimo”.
Gian Paolo Cassano
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